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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione
Diritto della concorrenza UE / Cartelli e settore delle verdure in scatola – La Commissione sanziona per oltre € 31 milioni un cartello emerso a seguito di una domanda di clemenza
Lo scorso 27 settembre la Commissione Europea (la Commissione) ha pubblicato un comunicato stampa relativo alla conclusione, mediante transazione, del procedimento da essa avviato per verificare l’esistenza di un cartello finalizzato alla fissazione dei prezzi e alla spartizione del mercato delle verdure in scatola nell’area dello SEE (spazio economico europeo). Secondo l’accertamento della Commissione, questo cartello ha visto coinvolte le società Coroos, Groupe CECAB e Bonduelle, e si è articolato in tre accordi separati, messi in atto tra gli anni 2000 e 2013, attraverso i quali le società hanno fissato i prezzi, concordato le quote di mercato e i volumi di vendita, spartito la clientela e i mercati, coordinato la partecipazione ad alcune gare e scambiato informazioni commercialmente sensibili. La Commissione sta proseguendo le indagini nei confronti di un quarto operatore, Conserve Italia, che non ha aderito alla procedura di settlement in discorso. Il relativo procedimento è pertanto ancora pendente.Con riguardo al cartello così come accertato dalla Commissione, è stata Bonduelle stessa, in veste di leniency applicant, a svelarne l’esistenza, guadagnandosi di conseguenza la completa immunità dalla sanzione. Sempre nell’ambito del regime di leniency, hanno peraltro beneficiato di una cospicua riduzione nelle rispettive sanzioni anche le società Coroos e Groupe CECAB, le quali hanno ricevuto una riduzione rispettivamente pari al 15% e al 30% della sanzione irrogata – oltre a quella del 10%, accordata a ciascuna delle società in discorso in ragione della conclusione del settlement. Di conseguenza, Coroos e Groupe CECAB sono state destinatarie di ammende per circa €13 milioni e €18 milioni, rispettivamente. Maggiori informazioni saranno disponibili solo una volta che le decisioni saranno pubblicate una volta risolte le delicate questioni di confidenzialità.
Il procedimento in discorso rappresenta un ulteriore caso di conclusione delle indagini attraverso un accordo di settlement che si applica solo ad alcune delle parti coinvolte. Tali casi, detti di settlement “ibrido”, hanno attirato interesse per la loro apparente deviazione rispetto alla ratio di tale istituto, individuata nella conclusione tout court del procedimento, ove i conseguenti risparmi per l’amministrazione inquirente giustificherebbero la riduzione della sanzione per le parti del procedimento. Per converso, la Commissione non sembra dare indicazioni relative ad una possibile stretta sulla possibilità di concludere accordi di settlement “ibrido”. Sarà interessante osservare se questo tipo di accordi si affermeranno come la norma.
Roberta Laghi
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Diritto della concorrenza Italia / Bid rigging e gare per la gestione dei servizi per la sicurezza sul lavoro – L’AGCM ha nuovamente accertato la sussistenza di un’intesa anticoncorrenziale volta a condizionare una gara indetta da Consip
Con il provvedimento pubblicato lo scorso 2 ottobre, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha accertato la sussistenza di un’intesa anticoncorrenziale, in violazione dell’art. 101 TFUE, avente ad oggetto il condizionamento della gara indetta da Consip S.p.A (Consip) nel dicembre 2015, relativa alla fornitura dei servizi di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro presso le pubbliche amministrazioni.Su segnalazione di Consip, l’AGCM ha accertato che le società leader nel settore, ossia Com Metodi S.p.A. (Com Metodi) e Sintesi S.p.A. (Sintesi), in qualità di mandatarie di altrettanti raggruppamenti temporaeni di impresa (RTI), e Igeam S.r.l. (Igeam), in RTI con le società Igeamed S.r.l. (Igeamed) e Igeam Academy S.r.l. (Igeam Academy), hanno posto in essere un’intesa volta alla spartizione dei lotti in gara e al mantenimento delle rispettive quote di mercato. La concertazione si è esplicata mediante la presentazione di offerte a scacchiera che prevedevano sconti differenti nei nove lotti oggetto di gara, in modo che non vi fosse alcuna sovrapposizione tra gli sconti più significativi presentati da ciascuna impresa. In questo modo le tre società avrebbero equamente spartito i lotti in gara, preservando la stabilità delle quote di mercato storiche, che esse detenevano nell’ambito delle gare Consip sulla salute e sicurezza, anche a fronte della decisione di Consip di modificare la ripartizione geografica dei lotti nella Gara (aumentandoli da sei a nove).
In assenza di un accordo espresso fra le tre società, l’AGCM ha accertato la sussistenza di una pratica concordata, sulla base di elementi di prova endogeni (i.e. collegati alla stranezza intrinseca delle condotte accertate e alla mancanza di spiegazioni alternative) e elementi di prova esogeni (i.e. riscontri esterni circa la sussistenza di un’intesa illecita). In generale, dalla documentazione agli atti è emerso un clima di amichevole collaborazione tra le società e la creazione di un fronte comune contrapposto alle società terze non partecipanti all’impresa, quali soprattutto Exitone e Consilia. La natura collusiva della condotta di Com Metodi, Igeam e Sintesi è stata supportata altresì dalla ricostruzione dei fatti basata su elementi endogeni da parte dell’AGCM, asseritamente tali da dimostrare la sussistenza della pratica collusiva, nonché della assenza di giustificazioni alternative idonee a fornire una spiegazione diversa alle offerte presentate dalle tre società. In particolare, l’AGCM ha riscontrato l’incoerenza delle argomentazioni delle società, secondo cui la presentazione di ribassi significativi solamente su alcuni lotti sarebbe dipeso dalla pregressa presenza in tali territori e dalla conoscenza delle amministrazioni da servire, che avrebbe permesso una riduzione delle attività da svolgere e dei rispettivi costi.
In merito alla imputazione delle condotte, l’AGCM ha ritenuto che non vi fossero elementi idonei a provare la partecipazione all’intesa da parte delle società mandanti dei RTI facenti capo a Com Metodi e Sintesi, vale a dire Deloitte, Adecco, Archè, CSA, Nier e Projit. Diversamente, l’AGCM ha confermato l’imputabilità alle società Igeamed e Igeam Academy, le quali, seppure mandanti del RTI, essendo parti insieme alla mandataria di un’unica entità economica, sarebbero state necessariamente a conoscenza della strategia di partecipazione alla gara e avrebbero pertanto contribuito alla realizzazione dell’infrazione.
L’AGCM ha qualificato l’intesa tra Com Metodi, Sintesi e Igeam come una restrizione per oggetto particolarmente grave (c.d. hardcore restrictions), consistente nella ripartizione del mercato attraverso la spartizione dei lotti in gara. L’AGCM ha inoltre evidenziato l’idoneità dell’intesa a falsificare sensibilmente il gioco della concorrenza dal momento che ha coinvolto le principali imprese attive a livello nazionale nel settore di riferimento, è stata pienamente attuata e ha prodotto rilevanti effetti sul mercato, minando i presupposti di una selezione della migliore offerta per i servizi oggetto di affidamento. In ragione della gravità dell’infrazione, l’AGCM ha inflitto alle società una sanzione complessivamente pari ad oltre tre milioni di euro.
Peraltro, in sede di commento si ravvisa qualche dubbio sulla effettiva durata dell’intesa e, in particolare, se questa abbia riguardato esclusivamente la gara in questione o se fosse già in atto nelle gare degli anni precedenti, considerata la continuità nell’allocazione dei lotti a favore Com Metodi, Sintesi e Igeam e delle rispettive quote di mercato. Infine, non è chiaro se la descrizione del contesto, richiesta dalla giurisprudenza comunitaria nel caso delle restrizioni per oggetto, possa considerarsi sufficiente.
Luigi Eduardo Bisogno
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Legal News / Regolamentazione nel settore dell’energia e rigassificazione – Al via la consultazione dell’ARERA sui criteri di regolazione tariffaria del servizio di rigassificazione del gas naturale liquefatto per il quinto periodo di regolazione
Il 26 settembre 2019 l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), con il documento per la consultazione 391/2019/R/gas, ha esposto i propri orientamenti finali per la revisione dei criteri di regolazione tariffaria del servizio di rigassificazione del gas naturale liquefatto (GNL) per il quinto periodo di regolazione (5PR GNL).Il periodo di regolazione precedente ha avuto inizio il 1° gennaio 2014 ed è terminato il 31 dicembre 2017. Tuttavia, al fine di garantire un allineamento con quanto già prospettato per la decorrenza del periodo di regolazione del trasporto del gas, l’ARERA ha valutato l’opportunità di far decorrere la validità del 5PR GNL a partire dall’anno 2020 e ha esteso i criteri di regolazione tariffaria del quarto periodo a quello transitorio comprendente il 2018 e il 2019.
L’ARERA, in vista della formazione dei provvedimenti finali per il 5PR GNL, ha tenuto conto del ruolo di primo piano che il GNL ha iniziato a ricoprire nel mercato del gas nazionale ed europeo. Negli ultimi anni si è, infatti, registrato un importante incremento delle sue importazioni e se ne prospetta una crescita ulteriore soprattutto nelle prime fasi della transazione energetica. In tale contesto di mercato, l’ARERA ha allineato la sua visione a quella della Commissione Europea che, nella sua strategia per GNL e stoccaggi, ha stabilito il primario obiettivo di sfruttare appieno il potenziale che il GNL può offrire al sistema gas.
Proprio su queste premesse, l’ARERA, pur prospettando alcuni elementi di continuità (ad es. per quanto riguarda i principi generali di determinazione dei ricavi di riferimento e dei criteri di determinazione e aggiornamento del capitale investito riconosciuto), ha proposto una serie di modifiche sostanziali al quadro regolatorio vigente. Queste modifiche sono ispirate ad una serie di esigenze di fondo. Le più rilevanti sono quelle di:
a) sviluppare in maniera selettiva e usare in maniera efficiente le infrastrutture energetiche, con il fine di responsabilizzare i soggetti regolati nelle scelte gestionali e di investimento;
b) favorire comportamenti coerenti con gli interessi complessivi del sistema e con le prospettive di sviluppo del settore energetico nella fase di transizione verso la decarbonizzazione;
c) introdurre nuovi meccanismi di incentivazione che permettano di perseguire una maggiore selettività degli investimenti anche mediante l’analisi dei costi e dei benefici associati ai nuovi progetti di realizzazione degli impianti di GNL; e
d) garantire una sostanziale stabilità regolatoria al fine di contemperare le esigenze di efficienza del servizio con gli oneri amministrativi in capo ai soggetti esercenti.
A completamento di ciò, l’ARERA ha ritenuto necessario completare anche i criteri di regolazione dei depositi di stoccaggio e rigassificazione di GNL che sono stati rimandati nell’ambito del procedimento per la revisione dei criteri di regolazione per il 5PR GNL.
Qualora le modifiche proposte dall’ARERA in questo documento di consultazione divenissero definitive in sede di provvedimento finale, sarebbe comunque necessario aspettare almeno la metà del 5PR GNL per verificare l’esattezza o meno delle sue intuizioni. Per ora, i soggetti interessati sono invitati a far pervenire all’ARERA le proprie osservazioni scritte e commenti entro il 21 ottobre 2019. L’adozione del provvedimento finale è prevista per l’ultimo trimestre di quest’anno, con l’obiettivo di approvare i ricavi di riferimento e i corrispettivi tariffari per l’anno 2020 entro dicembre 2019.
Filomena Crispino
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Libera circolazione dei servizi e responsabilità dei prestatori di servizi di hosting – Secondo la Corte di Giustizia è possibile per gli Stati membri imporre obblighi di rimozione di informazioni identiche o analoghe a contenuti dichiarati illeciti
La Corte di Giustizia dell’UE (la Corte) si è pronunciata su un rinvio pregiudiziale proposto dall’Oberster Gerichtshof, la Suprema Corte austriaca, relativo alla compatibilità con la direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno (la Direttiva sul commercio elettronico) di un provvedimento atto a imporre a un prestatore di servizi di hosting di rimuovere tutte le informazioni identiche e analoghe ad un’altra informazione dichiarata illecita.La vicenda in discorso ha origine quando una cittadina austriaca, avvedutasi della pubblicazione sulla piattaforma gestita da Facebook Ireland Limited (Facebook) di un link ad un articolo relativo a fatti che la coinvolgono, accompagnato da un commento ingiurioso e diffamante, ne ha richiesto la rimozione, e, a fronte dell’inerzia di Facebook, ha ottenuto un provvedimento che ne ordinava la rimozione dal tribunale di commercio austriaco di prima istanza, nonché la conferma di quest’ultimo dalla corte di seconda istanza, per essere il commento che accompagnava il link eccessivamente lesivo dell’onore della ricorrente.
La Suprema Corte austriaca è stata pertanto chiamata, in seguito a ricorso proposto da entrambe le parti, a decidere se il provvedimento inibitorio emesso nei confronti di un prestatore di servizi di hosting possa essere esteso anche alle dichiarazioni testualmente identiche e/o dal contenuto equivalente a quella già individuata come illecita. La Direttiva sul commercio elettronico, infatti, prevede che nella prestazione di un servizio consistente nella memorizzazione di informazioni (c.d. hosting), il fornitore di tale servizio non sia responsabile delle informazioni memorizzate su richiesta di un destinatario del servizio, a patto che il fornitore (a) non sia al corrente dell’illiceità dell’informazione; ovvero (b) agisca per rimuovere le informazioni (o disabilitarne l’accesso) non appena al corrente di tali fatti.
La Corte ha concentrato la propria analisi su un bilanciamento tra, da un lato, l’interesse alla rimozione delle informazioni lesive dell’onore e, dall’altro, l’esenzione dalla responsabilità relativa alle informazioni illecite non esattamente individuate, risolvendo la questione nel senso che la Direttiva sul commercio elettronico non osta a che un giudice di uno Stato membro possa:
(i) ordinare a un prestatore di servizi di hosting di rimuovere le informazioni da esso memorizzate e il cui contenuto sia identico a quello di un’informazione precedentemente dichiarata illecita o di bloccare l’accesso alle medesime, qualunque sia l’autore della richiesta di memorizzazione di siffatte informazioni;
(ii) ordinare a un prestatore di servizi di hosting di rimuovere le informazioni da esso memorizzate e il cui contenuto sia equivalente a quello di un’informazione precedentemente dichiarata illecita o di bloccare l’accesso alle medesime. Ciò solamente se la sorveglianza e la ricerca delle informazioni oggetto di tale ingiunzione siano limitate a informazioni che veicolano un messaggio il cui contenuto rimane sostanzialmente invariato rispetto a quello che ha dato luogo all’accertamento d’illeceità, che contiene gli elementi specificati nell’ingiunzione e le differenze nella formulazione di tale contenuto equivalente rispetto a quella che caratterizza l’informazione precedentemente dichiarata illecita non siano tali da costringere il prestatore di servizi di hosting ad effettuare una valutazione autonoma di tale contenuto; ed, infine,
(iii) ordinare a un prestatore di servizi di hosting di rimuovere le informazioni oggetto dell’ingiunzione o di bloccare l’accesso alle medesime a livello mondiale.
Risulterà interessante chiarire, anche a valle della decisione del giudice del rinvio, cosa comporterà per i prestatori di servizi di hosting l’individuazione di quale contenuto costituisca un contenuto “sostanzialmente invariato” rispetto a quello individuato come illecito: sarà dall’ampiezza di tale nozione (e dagli sforzi richiesti per individuare il contenuto che vi rientra) che dipenderà l’onerosità di questa sentenza per il prestatore di servizi di hosting.
Riccardo Fadiga
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