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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE / Aiuti di Stato e settore aereo – Il Tribunale annulla le decisioni con cui la Commissione aveva approvato gli aiuti di Stato a favore di KLM e TAP

Il Tribunale dell’Unione Europea (il Tribunale) ha annullato la decisione della Commissione europea (Commissione) che aveva approvato una misura di aiuto a favore della compagnia aerea di bandiera olandese Koninklijke Luchtvaart Maatschappij NV (KLM). Più nello specifico, il 13 luglio 2020 la Commissione aveva adottato la decisione (la Decisione controversa) con la quale aveva stabilito che la concessione da parte del Governo olandese di un prestito e di una garanzia a favore di KLM, società parte del gruppo Air France-KLM, costituisse un aiuto di Stato compatibile con il mercato interno. Lo scorso 19 maggio, tuttavia, il Tribunale ha accolto il ricorso con cui Ryanair DAC (Ryanair) ha impugnato la Decisione controversa e, per l’effetto, l’ha annullata.

In particolare, il ricorso di Ryanair allegava che la Decisione controversa fosse viziata da carenza di motivazione e difetto di istruttoria sotto diversi profili, e, segnatamente, che la Commissione non avesse tenuto conto dell’incidenza di un aiuto precedentemente già concesso ad Air France, nonostante quest’ultima e KLM appartengano al medesimo gruppo societario.

Nel considerare il ricorso, il Tribunale ha ricordato che ai fini dell’applicazione della normativa sugli aiuti di Stato, diversi enti con personalità giuridica distinta debbano essere considerati come una singola unità economica se l’esistenza di legami funzionali, economici ed organici lo giustifichi. Nel caso in esame, occorre ad avviso del Tribunale considerare le diverse entità come una sola impresa. Sarebbe, dunque, spettato alla Commissione esaminare l’esistenza di effetti distorsivi della concorrenza derivanti da un cumulo di aiuti di Stato in seno al medesimo gruppo.

Il giudice dell’Unione tuttavia ha peraltro riconosciuto di non potere sostituire la propria valutazione – specialmente sul piano economico – a quella della Commissione, dovendo limitare il proprio sindacato inter alia alla verifica dell’osservanza delle norme relative alla procedura e alla consistenza della motivazione offerta. Così ha fatto il Tribunale, rilevando – senza entrare nel merito della valutazione – che la Decisione controversa “… non illustra in modo sufficientemente chiaro e preciso tutti gli elementi di fatto e di diritto” rilevanti.

Conseguentemente, il Tribunale ha annullato la Decisione.

Peraltro, nonostante la sentenza di annullamento, il Tribunale si è limitato ad esigere una più completa rappresentazione dei motivi a supporto della Decisione. L’effetto della sentenza in discorso è stato dunque sospeso fino alla adozione di una nuova decisione sul tema da parte della Commissione. In altre parole, il Tribunale ha sospeso gli effetti dell’annullamento della Decisione nelle more di un successivo intervento da parte della Commissione. Sebbene un tale risultato possa apparire anomalo, ai sensi dell’art. 264 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), è permesso ai giudici europei, ove lo reputino necessario, di precisare (anche d’ufficio) “… gli effetti dell'atto annullato che devono essere considerati definitivi”. Nel caso di specie, il Tribunale ha verosimilmente inteso avvalersi di questo potere per salvaguardare in via temporanea gli effetti della Decisione in quanto: (i) ha probabilmente ritenuto che la nuova decisione sarebbe comunque stata orientata alle medesime conclusioni della Decisione; (ii) ha analogamente ritenuto sussistere esigenze di certezza giuridica in una fase storica in cui il settore del trasporto aereo è stato particolarmente penalizzato dall’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia di COVID-19.

Lo stesso giorno, il Tribunale ha adottato una decisione analoga a quella in parola relativamente a un altro aiuto di Stato, concesso dal Portogallo a Transportes Aéreos Portugueses SA (TAP). In questo caso, la Commissione avrebbe analogamente non fornito una sufficiente motivazione, non dimostrando in maniera adeguata che le difficoltà finanziarie del beneficiario non risultavano da una ripartizione arbitraria dei costi all’interno del gruppo societario di cui TAP fa parte.

La sentenza in esame entra in scena in un momento in cui il tema degli aiuti alle società aeree è al centro del dibattitto politico (anche italiano, in ragione delle note vicende legate ad Alitalia), ed è destinato a suscitare particolare attenzione. Resta soprattutto da vedere se a valle di questa pronuncia, la Commissione si limiterà a fornire maggiori motivazioni confermando la legittimità degli aiuti, oppure cambierà avviso sulla natura e compatibilità col mercato interno degli stessi.

Riccardo Fadiga e Alessandro Paccione
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Abuso di posizione dominante e settore digitale – Il Bundeskartellamt avvia una nuova indagine nei confronti di Amazon sulla base delle nuove norme della concorrenza tedesca 

Con il press release del 18 maggio scorso, l’Autorità della concorrenza tedesca (il Bundeskartellamt) ha comunicato di aver avviato un procedimento nei confronti di Amazon (il Procedimento), in applicazione delle nuove regole della concorrenza nazionali destinate alle cc.dd. “grandi imprese digitali”. A tal riguardo, è opportuno notare che il Procedimento non è il primo avviato dal Bundeskartellamt sulla base delle nuove norme in esame. In data 28 gennaio 2021, infatti, la stessa autorità ha avviato una istruttoria similare nei confronti di Facebook.

In particolare, con la novella del gennaio 2021, la quale ha introdotto il nuovo articolo 19a all’interno della Legge nazionale della concorrenza tedesca (il c.d. German Competition Act o Gesetz gegen Wettbewerbsbeschränkungen), il legislatore ha inteso dare la possibilità al Bundeskartellamt di impedire alle grandi società (specialmente ‘digital’) considerate di particolare rilevanza (attive sia in qualità di gatekeeper che di intermediari), di adottare alcune pratiche considerate come anticoncorrenziali (ai sensi della normativa sull’abuso di dominanza) anche in mercati dove queste non sono dominanti, come ad esempio strategie di self-preferencing dei propri servizi, l’entrata in mercati in cui la società interessata non è dominante attraverso pratiche di tying e bundling, ovvero ancora mediante la creazione di barriere all’ingresso nel mercato tramite l’elaborazione di dati rilevanti per le dinamiche concorrenziali nazionali.

E’ interessante inoltre notare che il Bundeskartellamt ha attualmente in essere due ulteriori procedimenti nei confronti di Amazon, avviati ai sensi della normativa sulla concorrenza già avviati prima della suindicata novella del gennaio 2021. In particolare: 

- nel primo dei detti procedimenti il Bundeskartellamt sta esaminando in che misura Amazon sia in grado di influenzare i prezzi dei venditori attivi sul suo marketplace per mezzo di meccanismi e algoritmi di controllo dei prezzi;

- nel secondo, in maniera in parte simile all’AGCM nel procedimento I-842 in corso in Italia, sta esaminando in che misura gli accordi tra Amazon e alcuni produttori di prodotti di marca, siano idonei ad escludere i rivenditori terzi dalla commercializzazione dei beni dei brand dei citati produttori sul marketplace di Amazon, in violazione della normativa antitrust.

Con l’avvio di questo nuovo Procedimento, il Bundeskartellamt ha quindi inteso confermare la propria volontà di utilizzare, sin dall’inizio, i nuovi strumenti di enforcement riconosciutigli, al fine di individuare con maggiore pervicacia potenziali situazioni di abuso da parte di grandi società attive nel mercato digitale.

Luca Feltrin
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Diritto della concorrenza Italia / Abuso di posizione dominante e servizi di trasporto pubblico - Il Tar Lazio respinge il ricorso presentato da S.A.D. – Trasporto Locale per l’annullamento di una sanzione dell’AGCM 

Con la sentenza del 17 maggio scorso, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (TAR) ha respinto il ricorso presentato da S.A.D. – Trasporto Locale S.p.A. (SAD) per l’annullamento del provvedimento n. 27635 del 10 aprile 2019 (il Provvedimento) con il quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) le aveva irrogato una sanzione pari a 1.147.275 euro, per aver posto in essere un abuso di posizione dominante, in violazione dell’art. 102 TFUE. Tale abuso era consistito nell’aver ingiustificatamente rifiutato e procrastinato il rilascio di informazioni essenziali per la predisposizione del bando di gara per l’affidamento del servizio di trasporto pubblico locale su gomma (il Servizio TPL) nelle aree extraurbane della Provincia Autonoma di Bolzano (la Provincia).

Nel 2019 l’AGCM aveva accertato che SAD – affidataria diretta, assieme a varie altre società, della concessione per la fornitura del Servizio TPL nella Provincia – avesse posto in essere una strategia volta ad ostacolare ed impedire lo svolgimento della procedura ad evidenza pubblica relativa alla fornitura del Servizio TPL (la Gara) che la Provincia intendeva indire al fine di conformarsi al dettato della legge provinciale n. 15 del 2015, la quale aveva previsto la riorganizzazione del trasporto pubblico locale. Vedendo minacciata la propria posizione di affidataria diretta, SAD aveva più volte prima rifiutato e, quindi, procrastinato il rilascio delle informazioni richiestele dalla Provincia e necessarie per la predisposizione del bando, con l’intento di ritardare l’iter amministrativo della Gara. Secondo l’AGCM, tale comportamento era idoneo ad arrecare un danno sia ai potenziali concorrenti di SAD, sia ai consumatori finali.

SAD ha impugnato il Provvedimento dinanzi al TAR, chiedendone l’annullamento o la riforma.

SAD ha contestato il Provvedimento inter alia con particolare riferimento: (i) alla determinazione del mercato rilevante; e (ii) all’accertamento della condotta abusiva. In proposito, il TAR, dopo aver tratteggiato una breve sintesi della giurisprudenza sia italiana, sia comunitaria relativa ai principali profili caratterizzanti l’abuso di posizione dominante, ha rigettando integralmente il ricorso.

Relativamente al profilo sub (i), il TAR ha dapprima ricordato che il giudice amministrativo non può sostituirsi all’AGCM nell’individuazione del mercato rilevante, in quanto tale esercizio presenta margini di discrezionalità ed opinabilità in cui non è possibile intervenire se non in casi in cui l’analisi dell’AGCM risulti viziata per travisamento dei fatti, violazione di legge o manifesta irragionevolezza. Ciò non era comunque avvenuto nel caso in esame.

Con riguardo invece al profilo sub (ii), il TAR ha ricordato che, affinché la condotta di un’impresa dominante trasmodi in un abuso sanzionabile ai sensi dell’art. 102 TFUE, devono sussistere tre condizioni: (a) l’esistenza della posizione dominante; (b) lo sfruttamento abusivo della stessa; nonché (c) l'assenza di giustificazioni obiettive e preminenti sugli effetti restrittivi della concorrenza. Nel caso di specie, dato che SAD deteneva una situazione di quasi-monopolio nella gestione del Servizio TPL nella Provincia già da lunghissimo tempo, per definizione la stessa occupava una posizione dominante nel rispettivo mercato rilevante. Inoltre, anche lo sfruttamento abusivo di detta posizione dominante è stato correttamente accertato dall’AGCM, in quanto il TAR ha ricordato che, ad avviso della giurisprudenza, è pacifico che costituisca abuso il comportamento di un determinato operatore teso ad ostacolare o ritardare l’ingresso di concorrenti nel mercato, incluso quando ciò si inserisca nel più complesso iter amministrativo delle gare d’appalto pubbliche.

Da ultimo, il TAR ha rigettato i due motivi di ricorso sollevati da SAD con riferimento alle sanzioni irrogatele dall’AGCM. Il TAR ha infatti ritenuto l’AGCM abbia correttamente considerato grave l’infrazione commessa, in quanto la condotta di SAD, oltre ad essere idonea ad alterare la concorrenza, ha concretamente esplicato i propri effetti sul mercato, ritardando la pubblicazione del bando della Gara di circa quattro mesi.

La sentenza in parola conferma dunque l’approccio consolidato dell’AGCM nel suo impegno contro comportamenti tesi a limitare la concorrenza “per” il mercato nell’ambito di gare pubbliche.

Luca Casiraghi
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Tutela del consumatore / Pratiche commerciali scorrette e vendite online – Il Consiglio di Stato ha chiarito la responsabilità dell’internet hosting provider 

Lo scorso 18 maggio il Consiglio di Stato (CdS) ha pubblicato la sentenza n. 3851 (la Sentenza) con la quale si è pronunciato, con riferimento alla sentenza di primo grado del 4 luglio 2019 n. 8747 (la Sentenza di Primo Grado, commentata nella nostra Newsletter dell’8 luglio 2019 a cui si rinvia per maggiori dettagli), sugli appelli (riuniti) presentati dalla società OY SRG Finland Ab (OY), da un lato, e dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), dall’altro. Entrambi avevano avuto origine dalla decisione (il Provvedimento) dell’AGCM che aveva irrogato nei confronti di OY una sanzione complessiva pari a € 270.000 per (i) l’ingannevolezza delle informazioni relative al meccanismo di scontistica (e relativo risparmio per il consumatore) prospettato sul sito www.gotogate.it; e (ii) una pratica di c.d. credit card surcharge, ossia l’imposizione di importi addizionali per l’utilizzo di certe mezzi di pagamento.

Il CdS ha accolto entrambi gli appelli, ribaltando di fatto la Sentenza di Primo Grado, con la quale il Tar Lazio (TAR) aveva parzialmente accolto il ricorso presentato da OY contro il Provvedimento.

Soffermandoci, per una migliore comprensione della Sentenza, sui contenuti della Sentenza di Primo Grado, è utile ricordare come in tale contesto il TAR aveva ritenuto non meritevole di accoglimento l’argomentazione sviluppata da OY, secondo la quale essa avrebbe dovuto beneficiare dell’esenzione prevista a livello nazionale e comunitario per i prestatori di servizi di internet hosting, in quanto i contenuti pubblicizzati erano stati creati e confezionati da un terzo, distinto, soggetto. Al riguardo, il TAR aveva evidenziato che OY, in realtà, non era una piattaforma neutrale ma, al contrario, svolgeva anche un ruolo attivo nella personalizzazione dei messaggi e delle offerte. Diversamente, lo stesso TAR aveva valutato come non sussistente la pratica di c.d. credit card surcharge, ravvisando solo un difetto di trasparenza nella informazione sul prezzo, che tuttavia rappresentava una diversa fattispecie, non contestata dall’AGCM a OY nel Provvedimento. Per tale ragione, l’AGCM aveva annullato il Provvedimento con riferimento all’accertamento della condotta di credit card surcharge e, conseguentemente, aveva confermato solo l’importo relativo alla pratica commerciale scorretta relativa all’ingannevolezza del meccanismo di scontistica di cui sopra sub (i).

Come sopra accennato, la Sentenza ha invece ora riformato completamente la pronuncia di primo grado. Con riferimento alla condotta sub (i), il CdS ha concluso che il messaggio “scorretto” era in realtà predisposto e pubblicato da un terzo professionista (Hotels.com), e che la relativa provenienza “terza” dello stesso era chiarita dalla evidente presenza del marchio del suddetto professionista terzo. Si è trattato, per il CdS, di elementi che non risultavano essere nella disponibilità di OY e che quindi, quest’ultimo, in qualità di hosting provider ‘passivo’ non era tenuto a (e anzi, non poteva) verificare. Nell’accogliere l’appello di OY, il CdS ha ribadito una rilevante (per quanto recente) giurisprudenza amministrativa, secondo cui non vi sarebbe una incompatibilità tra la figura del professionista, ai sensi della normativa sulle pratiche commerciale scorrette, e quella di hosting provider, ai sensi della normativa sul commercio elettronico; è, infatti, possibile sanzionare le condotte che violano le regole della correttezza professionale ma non è consentito che mediante l’applicazione della disciplina sulle pratiche scorrette si impongano all’hosting provider prestazioni non previste dalla disciplina sul commercio elettronico e dallo specifico contratto concluso.

Con riferimento alla condotta sub (ii), invece, il CdS ha accolto l’appello dell’AGCM e ha confermato la presenza di una condotta di credit card surcharge, da sanzionare. Al contrario di quanto accertato dal TAR, secondo il giudice di secondo grado la condotta contestata a OY non concerneva infatti la concessione di sconti in ragione dell’utilizzo di un determinato metodo di pagamento, ma prevedeva incrementi del prezzo del servizio offerto in corrispondenza di pagamenti effettuati con carte di credito diverse da quella prevista di default dal sistema (la c.d. carta “convenzionata”), meno diffusa tra i consumatori.

Si tratta di una sentenza sicuramente degna di nota, in particolar modo con riferimento alla conclusione circa il rapporto tra gli obblighi di comportamento a carico rispettivamente del ‘professionista’ e di hosting provider, in quanto essa conferma la strada già intrapresa da giurisprudenza, legislatori e dibattito pubblico verso una maggiore responsabilizzazione degli intermediari digitali.

Mila Filomena Crispino
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PCS e servizi cloud – L’AGCM accoglie gli impegni di Dropbox in relazione a presunte pratiche commerciali scorrette 

Con il provvedimento pubblicato lo scorso 17 maggio, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha accolto gli impegni presentati da Dropbox International Unlimited Company (Dropbox) per superare i possibili profili di illegittimità, ai sensi della normativa in materia di pratiche commerciali scorrette, di alcune condotte poste in essere nella fornitura di servizi di cloud computing.

Dropbox fornisce servizi cloud a privati, aziende e organizzazioni di varia natura, sia in forma gratuita, entro certi limiti di capacità di immagazzinamento, sia a pagamento. Il modello di business di Dropbox non si basa su ricavi da attività pubblicitaria ma esclusivamente sugli introiti delle quote di abbonamento.

Nel settembre 2020, l’AGCM aveva annunciato di aver avviato distinte istruttorie nei confronti di Dropbox, Google (per il servizio Google Drive) e Apple (per il servizio iCloud) per presunte pratiche commerciali scorrette e per la presenza di clausole vessatorie nelle condizioni contrattuali relative ai servizi cloud.

Nel provvedimento in esame, l’AGCM si è soffermata sulle presunte pratiche scorrette di Dropbox, tra cui:

- l’assenza nei “Termini di Servizio” sul sito web di indicazioni precise in merito alle condizioni e termini per recedere dal contratto e per esercitare il diritto di ripensamento; 

- l’assenza di indicazioni per consentire al consumatore di ricorrere ad un meccanismo extra-giudiziale di conciliazione delle controversie. In particolare, il sito web si limitava a rimandare genericamente ad un indirizzo e-mail per risolvere le controversie in maniera informale, senza specificare condizioni e termini; 

- l’assenza, in fase di registrazione dell’account, di un’informativa “chiara e trasparente” in merito all’attività di raccolta e utilizzo dei dati personali del cliente, anche a fini commerciali. L’AGCM ha evidenziato l’inadeguatezza di un box in cui accettare i “Termini Dropbox” che consente soltanto di spuntare un'apposita casella per dare il proprio consenso alla ricezione di comunicazioni di e-marketing relative a prodotti di Dropbox.

Tuttavia, un’informativa completa sull’utilizzo dei dati personali degli utenti sarebbe stata rinvenibile in altre sezioni del sito web. In particolare, nelle norme sulla privacy, Dropbox dichiarava di condividere dati con terze parti di fiducia, soltanto nella misura strettamente necessaria per fornire e migliorare i suoi servizi. I dati personali raccolti su Dropbox non sarebbero quindi venduti a inserzionisti per fini pubblicitari. Tale circostanza è stata confermata dalle evidenze acquisite nella fase istruttoria.

Al fine di superare le preoccupazioni sollevate dall’AGCM, Dropbox ha formulato una proposta di impegni (Impegni), avente ad oggetto:

- modifiche ai “Termini di Servizio” al fine di chiarire ulteriormente l’esercizio del diritto di recesso e del diritto di ripensamento, attraverso la precisazione che l'importo versato verrà restituito in caso di cancellazione entro quattordici giorni e rendendo agevole la modalità per accedere al modulo di richiesta tramite un link inserito direttamente nella clausola; 

- l’inserimento dello specifico riferimento nei “Termini di Servizio” alla possibilità di accedere a un meccanismo di risoluzione extragiudiziale delle controversie e il link per accedere alla Piattaforma ODR promossa dalla Commissione Europea; 

- l’inserimento di un link alle norme sulla privacy nella casella di spunta per l'accettazione dei “Termini di Servizio”, in modo da mettere a disposizione degli utenti un’informativa sulla privacy prima dell'attivazione dell'account.

L’AGCM ha ritenuto che gli Impegni fossero adeguati e li ha resi vincolanti nei confronti di Dropbox, senza l’accertamento di un’infrazione.

Con il provvedimento in esame, l’AGCM conferma la propria attenzione sull’informativa fornita agli utenti nell’offerta di servizi digitali, soprattutto in relazione alle finalità di utilizzo dei dati personali (in proposito, si veda il caso Facebook del dicembre 2018). Non resta che attendere per vedere come si concluderanno i procedimenti nei confronti di Apple e, soprattutto, Google, nel cui business model la raccolta e lo sfruttamento dei dati degli utenti hanno chiaramente una posizione cruciale.

Luigi Eduardo Bisogno
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