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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione
Diritto della concorrenza Europa / Cartelli e settore bancario – La Commissione sanziona per un totale di 344 milioni UBS, Barclays, RBS e HSBC e Credit Suisse per un cartello sul mercato delle valute
La Commissione europea (la Commissione) ha concluso l’istruttoria sul Foreign Exchange (Forex) spot trading market (acquisto e vendita di valute e relativi derivati) accertando un cartello e irrogando sanzioni a cinque banche. Le sanzioni ammontano a 261 milioni di euro in totale, comminati alle quattro banche che hanno deciso di collaborare con la Commissione, ossia UBS, Barclays, RBS e HSBC, e 83 milioni di euro irrogati a Credit Suisse, che aveva invece deciso di invece non transigere.
L’istruttoria si è incentrata sul trading delle valute c.d. G10, quelle con più liquidità e maggiore diffusione, tra cui l’euro, il dollaro americano, lo yen e la sterlina. Quando le società acquistano o vendono valute spesso lo fanno appoggiandosi a dei trader attivi nel Forex; i principali clienti includono fondi pensionistici, gestori patrimoniali, fondi di rischio, grandi società e altre banche. Come emerso dall’istruttoria, a partire da maggio 2011 fino a luglio 2012, alcuni trader che agivano per conto delle banche coinvolte scambiavano informazioni sensibili e piani di trading e talvolta condividevano le loro strategie di mercato attraverso una chatroom professionale chiamata Sterling Lads. Queste informazioni permettevano di adottare delle decisioni commerciali (i.e. su quando comprare o vendere le valute) concertate o comunque influenzate dalla conoscenza dei piani dei concorrenti, a differenza di quanto accadrebbe in situazioni normali di mercato nelle quali i trader agiscono indipendentemente. Secondo la Commissione, queste informazioni davano quindi l’opportunità ai soggetti di coordinarsi, per esempio mettendo in atto una pratica chiamata “standing down” in cui un trader cessa le proprie attività per evitare di interferire con un concorrente.
L’istruttoria è partita dalla richiesta di immunità, ai sensi della comunicazione della Commissione del 2006 sulla clemenza, inoltrata da UBS, che è stata seguita da richieste di clemenza anche di altre parti.
La decisione in commento rientra in un più ampio procedimento istruttorio da cui sono state tratte nel maggio 2019 altre due decisioni di settlement:
- la decisione di settlement (Forex - Three Way Banana Split) riguardante l’infrazione compiuta attraverso tre diverse chatroom tra il dicembre 2007 e il gennaio 2013 che ha coinvolto UBS, Barclays, RBS, Citigroup e JPMorgan;
- la decisione di settlement (Forex – Essex Express) riguardante l’infrazione compiuta tra il dicembre 2009 e il luglio 2012 da traders appartenenti a UBS, Barclays, RBS e la Banca di Tokyo-Mitsubishi (ora MUFG Bank).
Le sanzioni sono state comminate ai sensi degli Orientamenti per il calcolo delle ammende della Commissione del 2006 e tengono conto, in particolare, dei ricavi nell’Area Economica Europea conseguiti dalle partecipanti al cartello in relazione al servizio oggetto dell’illecito, la natura dell’infrazione, la sua portata geografica e la sua durata.
Come detto, UBS ha ricevuto la piena immunità per aver rivelato l’esistenza del cartello, evitando una sanzione totale di 94 milioni, mentre Barclays, RBS e HSBC hanno beneficiato di una riduzione per aver cooperato durante l’istruttoria nell’ambito delle rispettive domande di clemenza; detta riduzione riflette la tempistica e la misura degli aiuti e delle prove che hanno fornito per comprovare l’esistenza del cartello nel quale erano coinvolte. A ciò è stata aggiunta una riduzione del 10% ai sensi della Comunicazione della Commissione concernente i settlement del 2008. Solo Credit Suisse non ha cooperato né per ottenere la clemenza né transigendo, e dunque non ha beneficiato di alcuna riduzione; tuttavia, essendo emerso dall’istruttoria che detta parte non ha partecipato a tutti gli aspetti dell’infrazione, ha comunque beneficiato di una riduzione del 4%.
Si tratta della sesta istruttoria completata nel settore finanziario dal 2013 e, secondo le parole della commissaria Margrethe Vestager, rappresenta un chiaro messaggio delle intenzioni della Commissione di rimanere vigile per assicurare una sana competitività del settore, essenziale per favorire gli investimenti e la crescita.
Alessia Delucchi
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Concentrazioni e settore digitale – La CMA vieta l’acquisizione di Giphy da parte di Meta
Con la decisione del 30 novembre 2021, la Competition and Markets Authority (CMA) ha vietato l’operazione di acquisizione (l’Operazione) di Giphy Inc. (Giphy) da parte di Facebook Inc. (Facebook), ritenendo che la concentrazione fosse idonea a generare una sostanziale diminuzione della concorrenza e a danneggiare gli utenti dei social media nel Regno Unito.
Giphy è una società statunitense che gestisce un database online di GIF e sticker e il motore di ricerca ad esso connesso che consente agli utenti di cercare e condividere GIF e sticker. Giphy offre il suo servizio gratuitamente sia tramite accesso al proprio sito web, sia tramite integrazione con le principali piattaforme di social media (quali ad esempio Facebook, Snapchat, TikTok e Twitter).
Dal 2017, Giphy ha iniziato a monetizzare alcune attività nel mercato statunitense offrendo a brand ed inserzionisti un servizio a pagamento volto ad aumentare la visibilità delle loro GIF, allineandole con termini di ricerca popolari oppure inserendole tra le GIF di tendenza. In aggiunta, Giphy ha stipulato accordi di condivisione dei profitti derivanti da tale servizio con alcuni social media, a condizione che questi consentissero a Giphy di aumentare la visibilità delle GIF dei brand o degli inserzionisti anche sulle loro piattaforme. Secondo la CMA il mercato dei servizi di database e ricerca delle GIF sarebbe fortemente concentrato. L’unico concorrente significativo di Giphy è stato infatti identificato in Tenor, di proprietà di Google. Tenor, tuttavia, non ha ancora posto in essere strategie pubblicitarie monetizzabili tramite il proprio servizio, per cui, al momento della fusione, Giphy risulta l’unico operatore attivo anche sul mercato della pubblicità su display.
La CMA ha ritenuto che l’operazione generasse un duplice impatto concorrenziale (i) a livello orizzontale, rispetto al mercato della pubblicità su display; e (ii) a livello verticale, in relazione al mercato delle piattaforme di social media.
Sotto il profilo sub (i), la CMA ha giudicato il modello di advertising di Giphy come diretto concorrente dei servizi pubblicitari offerti da Facebook sulle sue piattaforme, in particolare perché entrambe le forme di pubblicità sono tipicamente utilizzate per aumentare la consapevolezza del brand, piuttosto che per guidare gli acquisti di prodotti o servizi specifici (come per la pubblicità di ricerca). L’Autorità inglese ha preso atto dell’assenza di attività pubblicitaria di Giphy nel Regno Unito al momento della notifica dell’Operazione, osservando comunque come la stessa avesse in programma di espandersi anche in tale mercato. Tuttavia, pur trattandosi di un’impresa di rilievo ridotto (in assoluto, ed avendo riguardo appunto al settore della pubblicità online), l'acquisizione di un potenziale concorrente destava preoccupazione, dato il significativo potere di mercato di cui Facebook dispone nel mercato della pubblicità su display.
Con riferimento alla seconda theory of harm, la CMA ha sollevato la preoccupazione che Facebook potesse svantaggiare i social media concorrenti limitando o impedendo il loro accesso a Giphy. In prima battuta, la CMA ha rilevato che, alla luce della struttura fortemente concentrata del mercato dei database di GIF, ad esito dell’operazione Facebook avrebbe conseguito la capacità di precludere ai concorrenti l’accesso a un input di indubbia rilevanza nel settore dei social media. In aggiunta, Facebook avrebbe avuto un incentivo ad agire in questi termini, in quanto la riduzione delle potenzialità delle piattaforme di social media rivali avrebbe verosimilmente potuto spingere diversi utenti a scegliere di passare (una maggior) parte del proprio tempo sulle piattaforme di Facebook.
Nel corso del procedimento, Facebook ha proposto una serie di rimedi comportamentali quali, ad esempio, il mantenimento dell'accesso al database di Giphy anche a partner nuovi o esistenti, nonché la creazione e vendita di una copia del database di Giphy abbinata a una licenza quinquennale per utilizzarne l’algoritmo di ricerca. La CMA ha tuttavia ritenuto che tali rimedi comportamentali non fossero idonei a rimuovere l’effetto anti-competitivo della concentrazione, data la dinamicità del mercato e la natura temporalmente illimitata della restrizione della concorrenza da questa provocata, e ha perciò vietato l’Operazione.
Con questa decisione la CMA riafferma ancora una volta la sua intenzione di diventare uno snodo importante dell’attuale dibattito nel settore antitrust circa la necessità di un approccio più rigido nei confronti delle operazioni di concentrazione poste in essere dai giganti del web.
Alessandro Canosa
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Legal News / G7 e settore digitale - Le Autorità di concorrenza degli Stati membri del G7, la Commissione europea e le Autorità dei Paesi ospiti del G7 si confrontano sulle nuove sfide lanciate dall’economia digitale
Lo scorso 29 e 30 novembre la Competition and Markets Authority (CMA) ha ospitato nel suo headquarter di Londra il G7 Digital Competition Enforcers Summit. Si tratta di un evento che vede riunite le Autorità di concorrenza degli Stati membri del G7 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Stati Uniti d’America), la Commissione europea e le Autorità dei Paesi ospiti del G7 (Australia, Corea del Sud, India, Sudafrica) (di seguito le Autorità) per confrontarsi sulle principali questioni relative ai mercati digitali e sulle possibili soluzioni riguardanti le piattaforme digitali, la pubblicità online, gli ecosistemi su dispositivi mobili, il cloud computing e gli algoritmi. La scopo principale di tale incontro è stato quello di individuare un approccio coerente e complementare per una sfida comune e globale quale è il mercato digitale.
L’incontro ha portato alla pubblicazione di un compendium che sintetizza i vari approcci utilizzati per rafforzare le norme sulla concorrenza. Il lavoro è organizzato partendo da una sommaria e breve descrizione delle caratteristiche dei mercati digitali, ove vengono circoscritte le aree sensibili e i punti critici interni a tale ambito, per poi passare a raggruppare in modo sistematico le attività, politiche, indirizzi e iniziative intraprese dalle singole Autorità partecipanti.
In particolare, le Autorità sono state chiamate ad: (i) evidenziare i loro interventi effettuati in tale contesto ed eventualmente far riferimento a specifici casi affrontati; (ii) riportare le misure adottate volte a migliorare le loro capacità di reazione e risposta a tale fenomeno (per esempio, formando un'unità speciale, reclutando data specialist, utilizzando nuovi strumenti investigativi o di lettura del mercato); (iii) riportare eventuali nuove leggi o riforme - presenti o future - promosse all’interno del territorio; (iv) segnalare tutte le attività di cooperazione - domestica o internazionale – con altre Autorità o dipartimenti in quei settori inevitabilmente vicini al mondo del digitale (come ad esempio quelli della privacy, protezione del consumatore o della comunicazione).
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha riconosciuto come priorità garantire uno spazio digitale equo e competitivo, in virtù degli enormi benefici da ciò apportati all’economia. In tale contesto, oltre a richiamare le proprie modalità di organizzazione l’AGCM ha ricordato l’importanza delle collaborazioni domestiche oltre che internazionali, riportando tra gli esempi quella con l’Autorità Garante delle Comunicazioni (AGCOM) nel 2020 per lo studio sui Big Data. Ancora, l’AGCM ha segnalato alcuni dei suoi interventi più significativi negli ultimi anni nei confronti di alcune piattaforme digitali come ad esempio la multa da 100 milioni di euro inflitta a Google nel maggio 2021 per il suo rifiuto di rendere il suo sistema Android Auto interoperabile con l'applicazione rivale di Enel X o ancora, l’istruttoria aperta il 16 aprile 2019 e chiusasi da poco nei confronti di Amazon per la sua self-preferencing policy nei confronti di venditori di terzi che si iscrivono ad “Amazon Logistics” o “Fulfillment by Amazon” (FBA), o come la più recente chiusura dell’istruttoria nei confronti delle società dei gruppi Apple Inc. e Amazon.com Inc. riguardante le restrizioni all’accesso nel marketplace Amazon.it da parte di rivenditori legittimi di prodotti a marchio Apple e Beats. Infine, l’AGCM ha segnalato le sue proposte legislative – già oggetto di valutazione nell’ambito dell’attuazione del PNRR - volte a rafforzare i suoi poteri contro i digital gatekeepers e la proposta di modifica al controllo delle concentrazioni. Sulla base di tali proposte legislative, l'AGCM avrebbe il potere di emettere una decisione che designa alcune imprese come aventi un'importanza primaria per la concorrenza in più mercati sulla base di un elenco di fattori non esaustivi e non cumulativi e conseguentemente vietare a tali imprese quei comportamenti che sono considerati particolarmente distorsivi della concorrenza (come l'auto-preferenza, impedire l'interoperabilità o la portabilità dei dati) facendo salva la possibilità di dimostrare il contrario. Infine, l'AGCM chiede un'armonizzazione del controllo delle concentrazioni con il diritto dell'UE e richiede l’introduzione di un nuovo test in sostituzione al test sostanziale della posizione dominante ossia quello del “significativo impedimento alla concorrenza effettiva”, che darebbe maggiore importanza al ruolo dell’efficienza e degli effetti anti-competitivi.
La Commissione Europea, per promuovere un’Europa pronta all’era del digitale, ha riportato tutte le numerose attività, indagini e collaborazioni avutesi nel settore della concorrenza volte a perseguire questo obiettivo. In particolare, come si evince dal compendium: (i) viene ribadita ancora una volta la flessibilità e adattabilità al contesto digitale del Regolamento UE sulle concentrazioni (EUMR), come sarebbe già dimostrato dall’esperienza dei casi in materia, e riporta inoltre anche la volontà di voler modificare il meccanismo dei rinvii ai sensi dell’art. 22 EUMR; (ii) è stato riconosciuto il valore della collaborazione e come la Direzione Generale della concorrenza della Commissione europea (DGCOMP) si sia più volte servita della competenza di esperti di dati per supportare indagini particolarmente complesse, elaborando soluzioni tecnologiche su misura; a tal proposito è stata segnalata altresì la creazione di un'unità investigativa speciale direttamente collegata al vicedirettore generale dell'Antitrust composta da figure quali data scientists, digital investigators, intelligence analysts; (iii) è stata infine ricordata la nuova proposta di Regolamento conosciuta come “Digital Package” e oggetto tutt’ora di valutazioni.
A conclusione del Summit è emerso come punto condiviso che, tra gli approcci volti ad affrontare le sfide del mercato digitale, la piena collaborazione tra le agenzie per la concorrenza, così come delle altre autorità di regolamentazione e dei governi, è fondamentale. Il compendium stesso viene indicato come un esempio del prezioso risultato del lavoro di collaborazione, sottolineandosi l'impegno delle Autorità di proseguire in questa direzione condividendo informazioni, teorie del danno, best practice.
Maria Spanò
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Diritto della concorrenza Italia / Abuso di posizione dominante e smaltimento dei rifiuti – L’AGCM ha avviato un procedimento nei confronti di Ecologia Viterbo per accertare un presunto abuso consistente nel rifiuto ingiustificato di garantire accesso alla propria discarica a RIDA Ambiente
Nella sua adunanza del 30 novembre 2021, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha adottato il provvedimento di apertura di istruttoria nei confronti della società Ecologica Viterbo S.r.l. (Ecologica Viterbo), società in posizione dominante sul mercato laziale dello smaltimento degli scarti generati dal trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati, per accertare un presunto abuso.
La segnalazione è pervenuta dalla società RIDA Ambiente S.r.l. (Rida), attiva nella fase del trattamento dei rifiuti che necessitano di conferimento in discarica. Nella propria segnalazione, Rida aveva dato conto di una serie di ostacoli all’esercizio della propria attività, da ultimo generati dal rifiuto, da parte di Ecologia Viterbo di garantire accesso alla propria discarica per lo smaltimento degli scarti. A seguito di una serie di circostanze, infatti, l’impianto di Ecologia Viterbo è attualmente l’unico accessibile per il conferimento degli scarti sul territorio regionale, e invero per tale ragione che la Regione Lazio ha fissato la tariffa provvisoria di accesso alla discarica attualmente disponibile, ossia quella di Ecologia Viterbo.
Andando più nello specifico, le condotte contestate a Ecologica Viterbo possono essere così riassumibili:
- in primo luogo, Ecologia Viterbo avrebbe subordinato la conclusione del contratto per il conferimento degli scarti alla rinuncia da parte di Rida dell’applicazione del regime tariffario suddetto, con applicazione di un “prezzo libero”. A valle di una riunione con le Prefetture di Roma e Latina, Ecologia Viterbo ha poi messo da parte tale richiesta;
- in secondo luogo, Ecologica Viterbo starebbe (ancora oggi) ingiustificatamente ostacolando e ritardando il procedimento di omologa dei rifiuti prodotti dall’impianto di Rida (funzionale al loro ingresso in discarica).
Viste queste condotte, ad oggi l’ingresso nella discarica di Ecologia Viterbo da parte di Rida non è ancora mai avvenuto.
Secondo l’AGCM, Ecologia Viterbo detiene una posizione dominante sul mercato dello smaltimento degli scarti in discarica nel Lazio (appunto, considerato dall’AGCM come mercato geografico di riferimento). Sulla base dei dati disponibili, infatti, la quota di mercato di Ecologia Viterbo (sul totale di capacità di smaltimento autorizzata, pari al 69%, nonché del 67% in termini di capacità di trattamento residua) è – sulla base della prassi e della giurisprudenza nazionale ed europea – idonea a definire un forte fumus di una posizione dominante in capo all’impresa. Sotto un profilo soggettivo, a tale valutazione circa la dominanza di Ecologia Viterbo, va aggiunta la circostanza che, in ogni caso, per una serie di vicissitudini, Ecologia Viterbo è attualmente l’unica discarica presente all’interno del territorio regionale a cui Rida può rivolgersi diventando pertanto un trading partner necessario. Ne consegue che Rida non ha ad oggi alcuna alternativa sul territorio regionale che il conferimento dei propri scarti alla discarica di Ecologia Viterbo.
Alla luce di quanto sopra, secondo l’AGCM la condotta di Ecologia Viterbo appare configurabile come un abuso di posizione dominante nella forma del rifiuto a contrarre.
Considerando il contesto di grave emergenza rifiuti nella Regione Lazio, l’AGCM ha contestualmente avviato un procedimento per la possibile applicazione di misure cautelari. L’AGCM, infatti, ipotizza che la prosecuzione del comportamento contestato sia suscettibile di produrre un danno grave e irreparabile per la concorrenza, che potrebbe non solo causare l’uscita di Rida dal mercato, ma anche impedire la sottoscrizione di un accordo tra quest’ultima e AMA S.p.A. (attivo nella raccolta dei rifiuti destinati al trattamento e poi al successivo smaltimento) per una pronta risoluzione della situazione di emergenza connessa allo smaltimento dei rifiuti indifferenziati nel territorio di Roma Capitale. Peraltro, tale ultimo accordo avrebbe conseguenze positive anche sulla tariffa pagata dagli utenti finali.
Non resta ora che vedere ora quale sarà l’esito dell’istruttoria dell’AGCM, a partire dalla possibile applicazione a breve di misure cautelari.
Mila Filomena Crispino
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Concentrazioni e settore del petcare – L’AGCM avvia un’istruttoria in relazione all’acquisizione del controllo congiunto di Arcaplanet e Maxi Zoo Italia da parte di Cinven e Fressnapf
Con la decisione pubblicata nel Bollettino del 22 novembre scorso, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha deliberato di avviare l’istruttoria in relazione all’operazione mediante la quale Cinven (Cinven) e Fressnapf (Fressnapf) intendono acquisire il controllo congiunto di Agrifarma S.p.A. (Arcaplanet) e Maxi Zoo Italia S.p.A. (Maxi Zoo).
Agrifarma e Maxi Zoo sono due catene attive in Italia nella distribuzione al dettaglio di prodotti per l’alimentazione, la cura, l’igiene e il divertimento degli animali domestici (prodotti pet). Tale settore presenta un elevato grado di frammentazione, in quanto vi operano i numerosi soggetti, tra cui: (i) le catene di pet shop, le quali comprendono anche punti vendita riconducibili a operatori della GDO (es. Amici di Casa Coop, Petstore Conad etc.); (ii) i negozi tradizionali specializzati (c.d. mom&pops); (iii) i punti vendita della GDO; e (iv) gli operatori online (come Amazon e Zooplus). Tuttavia, l’AGCM sembra ravvisare delle differenze tra i vari canali, e in particolare tra i negozi specializzati (catene e mom&pops) e i punti vendita della GDO. Tali canali si distinguerebbero per: (i) l’assortimento; (ii) l’offerta di prodotti (es. animali vivi) e servizi aggiuntivi (es. toelettatura); e (iii) la qualità del servizio di assistenza. Nel principale precedente nel settore (C12139 – Noah 2/Mondial Pet Distribution), gli ipermercati, pur venendo esclusi dal mercato rilevante, erano stati comunque considerati nell’analisi degli effetti dell’operazione. Per quello che riguarda il canale online, invece, l’AGCM mostra una certa apertura nel considerarlo parte del mercato rilevante, sottolineando la sua crescente rilevanza e ciò rappresenterebbe un’evoluzione rispetto al precedente citato, in cui il canale online era stato escluso dal mercato rilevante.
Poste le incertezze sulla definizione del mercato rilevante illustrata sopra, l’AGCM ha cautelativamente considerato gli effetti dell’operazione rispetto al mercato del prodotto più ristretto possibile, ossia considerando soltanto i negozi specializzati. Secondo tale ipotesi, la quota aggregata di Arcaplanet e Maxi Zoo supera il 25% in oltre centro isocrone. Si noti che tale percentuale rappresenta soltanto una soglia di attenzione che ha le sue radici negli orientamenti comunitari, e non un’indicazione della problematicità della quota locale. Inoltre, tale analisi è destinata a cambiare significativamente nell’ipotesi di inclusione o esclusione del canale della GDO e dell’online nel mercato rilevante.
Coerentemente con la prassi dell’AGCM in sede di avvio, la decisione in esame è quindi connotata da un certo grado di genericità e lascia ampio spazio a potenziali sviluppi. Non resta altro che vedere come tali sviluppi matureranno.
Luca Casiraghi
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Appalti, concessioni e regolazione / Responsabilità precontrattuale e legittimo affidamento – L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si pronuncia sulla responsabilità risarcitoria della P.A. per la lesione dell’affidamento della legittimità di un provvedimento annullato in sede giurisdizionale
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 21 del 29 novembre 2021, ha esaminato alcune rilevanti questioni in materia di responsabilità della pubblica amministrazione per responsabilità precontrattuale determinata dalla lesione dell’affidamento suscitato nel destinatario da un provvedimento ampliativo illegittimamente emanato e poi annullato.
Nel caso di specie, la controversia è sorta a seguito della revoca di un contratto pubblico che l’amministrazione aveva adottato a seguito e in esecuzione dell’annullamento in sede giurisdizionale del provvedimento di aggiudicazione della relativa gara. A seguito di tali eventi, l’operatore aggiudicatario originario ha avanzato un’autonoma domanda di risarcimento del danno, lamentando la lesione dell’affidamento che aveva riposto (a) nell’aggiudicazione e, in buona sostanza, (b) nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto revocato.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Napoli, con sentenza n. 4017 del 3 ottobre 2012 ha accolto il ricorso riconoscendo che, nonostante la revoca del contratto fosse in sé legittima, comunque residuava spazio per il risarcimento dei danni precontrattuali ex art. 1337 c.c. subiti in conseguenza della lesione dell’affidamento che l’operatore vittorioso aveva riposto nella validità e efficacia della procedura di gara e del contratto. In particolare, la colpa dell’amministrazione veniva riconosciuta nella ambigua formulazione del bando di gara che aveva condotto, poi, all’annullamento della stessa. Proposto appello dall’amministrazione resistente in primo grado, la II Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso la questione all’Adunanza Plenaria formulando i seguenti due quesiti: (i) “se in relazione ad un «favorevole provvedimento amministrativo annullato in sede giurisdizionale» sia possibile configurare un «legittimo e qualificato affidamento» tutelabile con un’azione risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione”; (ii) “in caso positivo, in presenza di quali condizioni ed entro quali limiti può riconoscersi al privato un diritto al risarcimento per lesione dell’affidamento incolpevole, con particolare riferimento all’ipotesi di aggiudicazione definitiva di appalto di lavori, servizi o forniture successivamente revocata a seguito di una pronuncia giudiziale”.
In sintesi, la pronuncia in commento si suddivide in due parti principali: (i) la prima riguarda, in astratto, la risarcibilità della lesione del legittimo affidamento riposto dal privato nell’esercizio del potere della p.a., sia che questo potere si fosse tradotto in un atto legittimo, sia in uno illegittimo e poi annullato; (ii) la seconda parte, presupponendo la positiva risposta alla domanda che precede, attiene ai limiti e criteri di calcolo del risarcimento del danno.
Quanto alla prima questione, l’Adunanza conferma che il privato ha diritto a proporre un’autonoma domanda per il risarcimento del danno nei confronti dell’amministrazione in ragione del legittimo e qualificato affidamento che lo stesso ripone sulla legittimità dei provvedimenti amministrativi. Tale affidamento può anche subire una lesione per effetto del successivo annullamento in sede giurisdizionale del provvedimento.
Il profilo forse maggiormente interessante è che, nell’affermare questo principio, la pronuncia riconosce che – in astratto – la lesione del legittimo affidamento e dunque il correlato diritto risarcitorio del privato possa ricorrere non soltanto in presenza di atto illegittimo ma anche quando l’atto è legittimo. Viene infatti sottolineato che le regole di “legittimità amministrativa” si distinguono da quelle di “correttezza”. Solo queste ultime implicano la risarcibilità da lesione dell’affidamento. Tali regole, dunque, operano su piani distinti, il primo relativo alla validità degli atti amministrativi e il secondo concernente invece la responsabilità dell’amministrazione e i connessi obblighi di protezione in favore della controparte privata. In altre parole, i due piani sarebbero non soltanto distinti ma anche indipendenti e non collegati tra loro da rapporti di pregiudizialità. Per l’effetto, l’eventuale accertamento della validità degli atti amministrativi impugnati non implica necessariamente che l’amministrazione sia esente da responsabilità per i danni che il privato potrebbe aver subito degli stessi (anche se, a dire il vero non appare nella pratica uno scenario frequente).
Come avvenuto nel caso di specie, la revoca del contratto che l’amministrazione aveva adottato a valle dell’annullamento della aggiudicazione era legittima (e del resto conforme alla decisione del giudice amministrativo). Ciò nonostante, è stata riconosciuta la lesione risarcibile del legittimo affidamento del privato. La legittimità della revoca, dunque, non vale ad escludere la responsabilità ‘comportamentale’ della pubblica amministrazione.
Posta la potenziale sussistenza di una responsabilità da atto legittimo, la pronuncia passa ad analizzare il requisito più specifico del legittimo affidamento. Pur sorto nei rapporti di diritto civile, nell’ambito diverso del diritto amministrativo esso ha comunque lo scopo di tutelare l’aspettativa del privato di mantenere nel tempo il bene della vita a cui è legato ovvero di ottenere l’utilità derivante dall’atto finale del procedimento non ancora concluso. Tale aspettativa sorgerebbe sul fronte della responsabilità precontrattuale, come conseguenza del dovere di collaborazione e di comportarsi secondo buona fede in capo all’amministrazione pubblica. Non solo: secondo la Plenaria, tale aspettativa potrebbe sorgere anche in caso di provvedimento favorevole annullato su ricorso di terzi.
Viene dunque confermata la risarcibilità del danno per lesione del legittimo affidamento che il privato, sul piano della responsabilità precontrattuale, potrebbe aver subito a seguito dell’annullamento di un provvedimento per lui positivo.
Affermato questo ulteriore principio, la Plenaria passa alla seconda questione, ossia i limiti e condizioni per la sua concreta risarcibilità e rileva quanto segue:
- in primo luogo, l’affidamento deve essere “ragionevole”: deve essere fondato su un livello di definizione delle “trattative” tale per cui la conclusione del contratto, di cui sono già stati fissati gli elementi essenziali, possa essere considerato come uno sbocco prevedibile. Sul piano del diritto amministrativo, con specifico riferimento alle gare pubbliche, tale momento viene tradotto nell’aggiudicazione definitiva (cui ad esempio non sia seguita la stipula del contratto), restando tuttavia non legato a rigidi criteri automatici e aprioristici ma da valutarsi in concreto, caso per caso;
- in secondo luogo, deve sussistere sia il carattere colposo del comportamento dell’amministrazione (secondo i canoni dell’art. 2043 c.c.), sia anche il carattere non colposo del comportamento dell’interessato privato (secondo quanto previsto dall’art. 1338 c.c.). Quest’ultima disposizione, infatti, assoggetta a responsabilità precontrattuale la “… parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte”.
In merito a quest’ultimo aspetto, sul piano del diritto amministrativo, la risarcibilità del legittimo affidamento deve escludersi tutte le volte in cui il privato era in condizione di poter ipotizzare l’illegittimità del provvedimento: in tale ipotesi, l’affidamento risulterebbe non sarebbe ‘pieno’, dunque non legittimo, né risarcibile.
La sentenza appare di sicuro interesse. Infatti, la Plenaria chiarisce, tra le altre cose, che il comportamento della pubblica amministrazione può generare un danno risarcibile a prescindere dalla legittimità o meno degli atti con cui si è esplicitata la grammatica procedimentale.
Tommaso Filippo Massari
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