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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione - 05 giugno 2023

Diritto della concorrenza – Europa / Aiuti di stato e settore fiscale – L’avvocato generale Pikamäe offre chiarimenti in merito alle nozioni di “vantaggio” e “selettività” nei trattamenti fiscali differenziati

Con le proprie conclusioni depositate il 25 maggio scorso (le Conclusioni), nella causa che vede opposte Fachverband Spielhallen eV e LM (le Ricorrenti) alla Commissione europea (la Commissione), l’avvocato generale Pikamäe (l’AG Pikamäe) ha offerto importanti chiarimenti in merito al legame tra le nozioni di “vantaggio” e “selettività”, due degli elementi costitutivi della nozione di “aiuto di stato”, nel settore fiscale.

La vicenda trae origine dalle denunce effettuate dalle Ricorrenti in merito al trattamento fiscale degli operatori dei casinò pubblici (gli Operatori) nel Land della Renania Settentrionale – Vestfalia, in Germania. Secondo la legislazione regionale, infatti, gli introiti generati dagli Operatori erano assoggettati a due prelievi distinti (uno per gli introiti derivanti dal gioco d’azzardo, e un altro per quelli non derivanti dal gioco, come ad esempio dalle attività di ristorazione). Inoltre, pur prevedendo un significativo prelievo sugli utili generati dagli Operatori (il Prelievo Obbligatorio), la legislazione regionale prevedeva che, nella misura in cui derivava da redditi non generati dal gioco d’azzardo, detto Prelievo Obbligatorio risultasse deducibile dalla base imponibile per il calcolo delle imposte ordinarie sulle attività commerciali e sui redditi delle società.

È proprio tale particolare meccanismo di deducibilità ad essere stato denunciato dalle Ricorrenti quale un potenziale aiuto di stato. Ciò tuttavia, non ha trovato riscontro nella valutazione effettuata dalla Commissione nella decisione assunta in sede di indagine preliminare della misura (la Decisione). Secondo la Decisione, infatti, (i) il Prelievo Obbligatorio poteva essere considerato come un’imposta speciale sugli utili – e, dunque, un elemento costitutivo del quadro normativo generale, utilizzato come parametro per la valutazione sulla selettività di una determinata misura – e (ii) la deducibilità del Prelievo Obbligatorio risultava conforme alla regola generale, desumibile dalla legislazione tedesca, della deducibilità delle spese generate dalle operazioni commerciali.

Una ricostruzione, questa, confermata anche dal Tribunale dell’Unione europea (il Tribunale), che, investito del ricorso promosso dalle Ricorrenti avverso la Decisione, lo aveva dichiarato “manifestamente infondato” alla luce del fatto che le Ricorrenti non avrebbero invocato, nel loro ricorso, nessun motivo esplicitamente vertente sull’esistenza di un “vantaggio” derivante dalla misura controversa, “limitandosi” a contestare la Decisione unicamente laddove quest’ultima, sulla base dell’analisi del sistema normativo di riferimento tedesco, aveva negato il carattere selettivo della misura. Secondo il Tribunale, infatti, benché l’individuazione del sistema normativo di riferimento costituisca fisiologicamente il presupposto sia dell’accertamento del “vantaggio”, sia della “selettività” di una misura, le due nozioni, e le valutazioni compiute dalla Commissione in merito ad esse, vanno sempre analizzate (ed eventualmente contestate) separatamente, anche in ambito fiscale.

Si giunge così dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione europea (la CGUE), e alle Conclusioni oggetto del presente commento, nelle quali l’AG Pikamäe prende nettamente posizione contro la ricostruzione effettuata dalla Commissione e dal Tribunale, e a sostegno delle ragioni delle Ricorrenti.

Secondo l’AG Pikamäe, nell’ambito della valutazione ai sensi della disciplina sugli aiuti di stato delle misure fiscali nazionali, l’individuazione del sistema normativo di riferimento, e del livello di tassazione “normale” che ne discenderebbe, costituisce un “…presupposto indispensabile, al fine di valutare non solo il carattere selettivo di una misura fiscale, ma anche se esista un vantaggio…”. Da ciò deriva che l’accertamento di un alleggerimento dell’onere fiscale in capo ad un soggetto beneficiario della misura controversa rispetto a quanto previsto dal quadro normativo di riferimento dimostra necessariamente sia la selettività, sia l’esistenza del vantaggio.

Pertanto, ad avviso dell’AG Pikamäe, in ambito fiscale l’accertamento delle due nozioni va compiuto contemporaneamente, con la sola eccezione delle ipotesi in cui il conferimento del beneficio sia subordinato all’esercizio, da parte dell’amministrazione fiscale, di un ampio potere discrezionale in merito alla selezione dei beneficiari e alla definizione delle condizioni per la concessione della misura. In tale ultimo caso, infatti, l’accertamento del quadro normativo di riferimento non è neppure necessario al fine di valutare la selettività della misura, dal momento che dall’esistenza dell’ampia discrezionalità in capo all’amministrazione fiscale deriverebbe fisiologicamente la selettività di tale misura.

Infine – contrariamente a quanto affermato dalla Commissione – l’AG Pikamäe ha avuto modo di sottolineare come nell’analisi del “vantaggio” conferito da una misura (e, dunque, dell’accertamento di un aiuto di stato), occorra fare riferimento unicamente ai benefici e oneri derivanti dalla misura stessa, senza avere riguardo al concreto beneficio economico derivante in capo al soggetto beneficiario dalla misura: diversamente, conclude l’AG Pikamäe, si invertirebbe la logica alla base del controllo degli aiuti di stato nel settore fiscale, consentendo agli Stati Membri di sottrarre ogni misura fiscale alla qualificazione di aiuto di Stato dimostrando che l’onere fiscale dell’impresa beneficiaria della misura è in realtà maggiore del beneficio economico che l’impresa otterrebbe dall’applicazione della misura.

Sulla base di queste considerazioni, l’AG Pikamäe suggerisce alla CGUE di annullare l’ordinanza del Tribunale con cui era stato dichiarato manifestamente infondato il ricorso promosso dalle Ricorrenti avverso la Decisione, e di chiamare il Tribunale a pronunciarsi nuovamente sui motivi presentati dalle Ricorrenti. Non resta che attendere la pronuncia della CGUE.

Ignazio Pinzuti Ansolini

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FLASH – Unione europea e Competition Policy – La Commissione europea pubblica i nuovi regolamenti di esenzione riguardanti gli accordi di ricerca e sviluppo e gli accordi di specializzazione, nonché le relative linee guida orizzontali

Con il comunicato stampa pubblicato lo scorso 1° giugno, la Commissione europea (la Commissione) ha annunciato l’adozione di due nuovi regolamenti di esenzione in materia di accordi di ricerca e sviluppo e di accordi di specializzazione (i Regolamenti) – che entreranno in vigore dal 1° luglio 2023 – nonché delle relative linee guida (le Linee Guida).

I Regolamenti e le Linee Guida introducono numerose novità, tra cui: una sezione dedicata agli accordi in materia di sostenibilità, l’ampliamento dell’ambito degli accordi specializzazione esentabili, chiarimenti in merito al calcolo delle quote di mercato ai fini dell’applicazione del regolamento di esenzione per gli accordi di ricerca e sviluppo, nonché in merito all’analisi degli accordi di acquisto o commercializzazione in forma congiunta e di bidding consortia, così come delucidazioni in merito al trattamento degli scambi di informazioni tra le imprese. In generale, sia i Regolamenti sia le Linee Guida vengono aggiornati alla luce della più recente casistica comunitaria.

I documenti in parola saranno oggetto di approfondimento nella Newsletter della prossima settimana.

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Diritto della concorrenza – Italia / Abusi di posizione dominante e settore energetico – Il Consiglio di Stato ha confermato che Acea non ha posto in essere un abuso di posizione dominante nel passaggio dal servizio di maggior tutela al mercato libero

Con la sentenza pubblicata lo scorso 31 maggio, il Consiglio di Stato (il CdS) ha confermato le pronunce del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (il TAR) che avevano annullato il provvedimento con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) aveva addebitato ad Acea S.p.A., Acea Energia S.p.A. e Areti S.p.A. (congiuntamente, Acea) un abuso di posizione dominante nel mercato della vendita di energia elettrica e irrogato, di conseguenza, una sanzione in solido superiore a 16 milioni di euro.

In particolare, la condotta contestata dall’AGCM consisteva nell’asserita strategia escludente attuata nel contesto della liberalizzazione del mercato della vendita di energia elettrica. In particolare, a seguito della raccolta con modalità asseritamente discriminatorie dei consensi dei propri clienti del servizio di maggior tutela (il SMT) ad essere contattati per scopi commerciali (come richiesto dalla normativa sulla privacy), Acea avrebbe formulato agli stessi offerte per il mercato libero (il ML). Inoltre, Acea avrebbe utilizzato tale set informativo per monitorare la propria posizione di mercato e quella dei concorrenti ed orientare di conseguenza le proprie strategie di marketing. Nella prospettazione dell’AGCM, queste condotte avrebbero infatti permesso ad Acea, monopolista legale nel mercato della vendita di energia elettrica sul SMT nell’Area Metropolitana di Roma e nel Comune di Formello, di disporre in esclusiva di un asset strategico non replicabile dai concorrenti (ossia i dati anagrafici) al fine di preservare la propria quota di mercato dominante anche nel passaggio al ML.

Con le sentenze in commento – rese dopo la pronuncia del dicembre scorso con cui il CdS ha annullato un provvedimento adottato nei confronti di Enel S.p.A. (Enel) per condotte analoghe a seguito del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea (già oggetto di commento in Newsletter) – il CdS ha confermato in toto le lacune motivazionali riscontrate dal TAR. In particolare, il CdS ha confermato che la condotta è stata ritenuta erroneamente idonea ad integrare un illecito antitrust, in quanto l’AGCM non ha adeguatamente considerato che: (i) i soggetti contattati da Acea non erano solo quelli aderenti al SMT, (ii) i dati di tali soggetti erano in gran parte disponibili sulle pagine bianche (e pertanto contattabili anche da operatori concorrenti), (iii) solo una parte di tali soggetti coincide con quelli che avevano precedentemente manifestato il proprio consenso, (iv) risultava comunque dubbio il carattere discriminatorio con cui Acea avrebbe raccolto i consensi, e (v) non risulta chiaro il nesso teleologico tra la condotta di monitoraggio del mercato e la seguente strategia di marketing.

Inoltre, il CdS evidenzia come, a differenza di quanto avvenuto nel caso di Enel, i soggetti contattati non fossero destinatari di offerte mirate bensì solo di un’offerta standard, indipendentemente dal fatto che questi avessero prestato il consenso secondo le modalità asseritamente discriminatorie. Non vi sarebbe quindi prova di un uso mirato dei dati acquisiti, dovendosi invece ritenere che le liste anagrafiche create tramite tali dati siano confluite, insieme ad altre liste, nell’attività commerciale attuata secondo modalità analoghe a quelle previste per ogni altro contatto inserito nelle altre liste liberamente accessibile ai terzi.

Il CdS censura anche le considerazioni svolte dall’AGCM in merito alla sussistenza di effetti pregiudizievoli derivanti da tali condotte. Infatti, solo meno dell’1% dei soggetti contattati in prima istanza rientrerebbe tra quelli che hanno manifestato il consenso secondo le modalità contestate e solo lo 0,07% avrebbe poi stipulato un contratto sul ML con Acea. Allo stesso modo, solo lo 0,07% dei soggetti contattati in seconda istanza avrebbe poi stipulato un contratto sul ML con Acea provenendo dal SMT.

Pertanto, alla luce di questi elementi, il CdS ha riconosciuto definitivamente l’insussistenza degli addebiti mossi ad Acea, così come nel caso di Enel, rinforzando la propria giurisprudenza in tema di onere probatorio nell’applicazione dell’art. 102 TFUE alle condotte poste in essere dagli ex monopolisti legali nei processi di liberalizzazione di un settore precedentemente regolamentato.

Niccolò Antoniazzi

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Appalti, concessioni e regolazione / Partecipazione a gare pubbliche di operatori stabiliti in Russia – Il TAR Lazio ha confermato la legittimità di un annullamento in autotutela operato dall’Ambasciata italiana in Kazakhstan sulla base del quadro di sanzioni contro la Federazione Russa

Il TAR Lazio (il TAR) ha rigettato i ricorsi presentati dalle società VMS Investment LLC (VMS Investment) e VF Worldwide Holdings Ltd. (VF Worldwide, congiuntamente le Ricorrenti) contro il decreto n. 13/2022 dell’Ambasciata d’Italia a Nur-Sultan (l’Amministrazione) relativo all’aggiudicazione di una gara di appalto di servizi. Il TAR ha infatti riconosciuto come l’applicazione delle misure restrittive e sanzionatorie nei confronti della Federazione Russa dia luogo ad un’ipotesi di impossibilità sopravvenuta a contrarre con la pubblica amministrazione.

La sentenza in commento trae origine dal decreto con cui l’Amministrazione aveva aggiudicato una gara relativa all’esternalizzazione di alcune attività ausiliarie al rilascio dei visti alla società BLS International Services Limited (BLS International). Con tale decreto, l’Amministrazione aveva infatti annullato in autotutela un precedente decreto di assegnazione della medesima gara ad un consorzio costituito dalle Ricorrenti. Tale annullamento era seguito all’emergere della circostanza per cui una delle due società, la VMS Investment, risultasse stabilita nella Federazione Russa. L’Amministrazione aveva infatti considerato tale dato sufficiente a integrare i presupposti delle misure restrittive e sanzionatorie introdotte dal Regolamento (UE) n. 576/2022 (il Regolamento) nei confronti della Federazione Russa, integrando così un’ipotesi di impossibilità sopravvenuta a contrarre.

Le Ricorrenti avevano impugnato il provvedimento lamentando, tra le altre cose, (i) l’omessa considerazione da parte dell’Amministrazione del dato per cui, pur essendo ivi costituita, VMS Investment non risultava esclusivamente stabilita in Russia né vi erano quote del capitale sociale di proprietà di cittadini russi; (ii) l’impossibilità di applicare il Regolamento ad un provvedimento di aggiudicazione adottato prima della sua entrata in vigore; e (iii) la mancata limitazione dell’impossibilità sopravvenuta di eseguire la prestazione alla sola VMS Investment.

Rispetto al motivo di cui al punto (i), il TAR chiarisce – sulla base del dato testuale del Regolamento, che richiama genericamente i soggetti “stabiliti in Russia”, e delle relative FAQ pubblicate dalla Commissione europea (FAQ) – che il divieto di aggiudicazione non debba considerarsi limitato ai soggetti “esclusivamente” stabiliti in Russia né che abbiano alcun rilievo i dati relativi alla proprietà del capitale sociale. Secondo la ricostruzione del TAR, non risultano parimenti rilevanti i dati – evidenziati dalle Ricorrenti – del ruolo di mandante di VMS Investment, della avvenuta o meno costituzione del consorzio e della ripartizione delle quote dell’appalto. Assume, invece, portata dirimente il mero fatto che la ricorrente fosse costituita in Russia e ivi avesse sede.

Allo stesso modo, il TAR ha rigettato l’impostazione proposta dalle ricorrenti rispetto all’ambito di applicazione temporale del Regolamento di cui al punto (ii). Ha evidenziato, infatti, come quest’ultimo vieti espressamente non solo l’aggiudicazione, ma “la stipula di contratti riferiti ad aggiudicazioni adottate in epoca precedente [alla sua entrata in vigore]”.

Inoltre, con riguardo al punto (iii), il TAR ha escluso la possibilità di limitare l’esclusione alla sola VMS Investment, richiamando il principio – esplicitato nelle FAQ – per cui deve escludersi la possibilità che un membro di un consorzio possa essere sostituito al fine di non incorrere nelle suddette misure sanzionatorie. I giudici hanno affermato, infatti, come tutti i membri del consorzio, al momento della sottoposizione dell’offerta, debbano considerarsi costituire un unico operatore e, perciò, non sostituibili.

Con la sentenza in commento, il TAR adotta un’interpretazione ampia e teleologicamente orientata alle disposizioni del Regolamento in materia di misure restrittive e sanzionatorie nei confronti della Federazione Russa. Rimane da domandarsi se le Ricorrenti vorranno interrogare su questi temi anche il Consiglio di Stato, ripresentando le proprie doglianze in appello.

Alberto Galasso

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Bid rigging e provvedimenti di esclusione – Il Consiglio di Stato conferma l’illegittimità del provvedimento di esclusione di ENGIE dalla partecipazione alla gara Consip FM4

Con la sentenza pubblicata lo scorso 29 maggio, il Consiglio di Stato (il CdS) ha respinto i ricorsi in appello proposti da Team Service S.C. A R.L. e Consorzio Innova Soc. Coop. (le Appellanti), in qualità di società mandatarie dei rispettivi raggruppamenti temporanei di imprese (RTI). Il CdS ha così confermato la legittimità del provvedimento di Consip con cui era stato riassegnata all’RTI tra Engie e il Consorzio CSEL (RTI Engie) l’aggiudicazione di alcuni lotti ad esito dell’annullamento – nei soli confronti di Engie – del provvedimento sanzionatorio adottato dell’AGCM nel contesto del procedimento I808.

Il contenzioso originava dal citato procedimento I808 con cui l’AGCM aveva erroneamente concluso che Engie Servizi e CSEL avessero partecipato ad “…un’intesa unica, complessa e articolata avente ad oggetto la ripartizione dei lotti posti a gara in relazione alla procedura ad evidenza pubblica per la fornitura su tutto il territorio nazionale dei servizi di facility management (quarta edizione, gara FM4)…”. In ragione di tale partecipazione, Consip, la stazione appaltante aveva proceduto a escludere l’RTI Engie da una serie di lotti di cui era risultata aggiudicataria, a vantaggio degli operatori economici che seguivano in graduatoria. Engie aveva con successo impugnato sia il provvedimento dell’AGCM, sia il provvedimento di esclusione di Consip. Prendendo atto dell’esito dei contenziosi, la stazione appaltante aveva dunque ripristinato l’originaria aggiudicazione a favore dell’RTI Engie.

Contro tale provvedimento hanno presentato ricorso – portando alla sentenza qui commentata – le Appellanti, seconde in graduatorie e beneficiarie della provvisoria esclusione dell’RTI Engie dai lotti interessati. Per comprendere il motivo di impugnazione dedotto dalle Appellanti, è necessario premettere in fatto che tra le società aderenti all’RTI Engie (tramite una partecipazione nel Consorzio CSEL) figurava anche la società Gestione Integrata, controllata dal gruppo STI (la cui responsabilità in qualità di partecipante all’intesa era stata confermata anche in sede giurisdizionale). Allo stesso gruppo era altresì riconducibile la società Exitone, partecipante alla stessa gara, benché per il tramite di un diverso RTI. Facendo leva su tale circostanza, le Appellanti censurano il provvedimento della stazione appaltante di aggiudicazione del lotto all’RTI Engie per violazione dell’art. 38, comma 1, lett. m-quater del Codice degli Appalti, a norma del quale non è ammessa la presentazione alla stessa gara di due offerte da parte di imprese riconducibili a un “unico centro decisionale”. Nella prospettazione delle Appellanti, tale requisito – che, per giurisprudenza consolidata, deve essere accertato in concreto sulla base delle relazioni di fatto tra le imprese al momento della gara – sarebbe pienamente deducibile dalla circostanza per cui le società afferenti al gruppo STI, prendendo parte al disegno collusivo, hanno condizionato reciprocamente la propria condotta di gara.

Contro tale tesi e in respingimento dell’appello, afferma il CdS che dal fatto che STI ha partecipato alle intese anticoncorrenziali non può dedursi che vi abbia preso parte anche Engie se non si prova che le offerte presentate dall’RTI guidato da quest’ultima e dall’altro RTI cui aderiva un’altra società controllata dal Gruppo STI siano imputabili a un unico centro decisionale, afferente in ipotesi al Gruppo STI. Stante il quadro probatorio agli atti, il CdS ha ritenuto che la prova dell’unicità del centro decisionale non sia stata raggiunta “…non essendo stata superata quella soglia di criticità significativa supportata da indizi gravi, precisi e concordanti, nel segno di un pericolo serio e qualificato di coordinamento delle offerte, tanto più che la partecipazione di STI nelle due imprese è assai limitata…”. In altri termini, secondo il CdS, se è innegabile che le imprese del gruppo STI siano riconducibili a un unico centro decisionale, “…è rimasto invece indimostrato il sillogismo su cui si basa il ragionamento delle appellanti: e cioè che il gruppo STI, il RTI Engie e il Consorzio CNS siano tutti riconducibili a un unico centro decisionale…” in virtù della “mera partecipazione (invero, assai marginale) di due controllate del gruppo STI (Exitone e Gestione Integrata) nei due raggruppamenti”.

La sentenza in commento è di particolare interesse in quanto si concentra sulle vicende “a valle” dell’accertamento (o meno) di un accordo collusivo, che hanno spesso un impatto pratico molto rilevante, soprattutto in materia di contratti con la pubblica amministrazione.

Alessandro Canosa

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