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简报

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione 30 settembre 2024

FSR e telecomunicazioni – La Commissione europea ha autorizzato con condizioni l’acquisto di PPF Telecom da parte di e&, ai sensi del Regolamento UE sulle sovvenzioni estere

Con il comunicato stampa del 24 settembre scorso, la Commissione europea (la Commissione) ha reso noto l’autorizzazione condizionata della proposta di acquisizione, da parte di Emirates Telecommunications Group Company PJSC (e&), del controllo esclusivo di PPF Telecom Group B.V. (PPF Telecom), ad esclusione del suo ramo di azienda ceco (l’Operazione). Giunge così a conclusione la prima istruttoria approfondita (l’Istruttoria) nei confronti di un’operazione di M&A avviata ai sensi del regolamento (UE) 2022/2560 sui foreign subsidies (FSR).

e& è un operatore di telecomunicazioni con sede negli Emirati Arabi Uniti (EAU), controllato da Emirates Investment Authority (EIA), fondo sovrano a sua volta riconducibile in ultima istanza agli EAU. PPF Telecom, invece, è un operatore di telecomunicazioni con sede nei Paesi Bassi, e attivo in Repubblica Ceca, Bulgaria, Ungheria, Serbia e Slovacchia.

Come già segnalato nella presente Newsletter, l’Istruttoria – avviata il 10 giugno scorso, a seguito della notifica dell’operazione, avvenuta il 26 aprile 2024 – ha avuto ad oggetto la natura, l’entità e l’incidenza sull’Operazione delle sovvenzioni estere – ossia, contributi finanziari (i) forniti, direttamente o indirettamente, da stati esterni all’Unione europea (l’UE), che (ii) non essendo a condizioni di mercato, conferiscono vantaggi ad un’impresa che esercita un’attività economica nel mercato interno dell’UE e che (iii) sono limitati, in linea di diritto e di fatto, a una o più imprese, o a uno o più settori (le Sovvenzioni Estere) – che e& ed EIA avrebbero ricevuto dagli EAU nello svolgimento delle proprie attività commerciali. Secondo l’ipotesi istruttoria della Commissione, infatti, tali sovvenzioni avrebbero potuto comportare distorsioni nel procedimento di acquisto di PPF Telecom, nonché più in generale, nel mercato interno dell’UE.

L’Istruttoria ha così evidenziato come (i) e& ed EIA abbiano effettivamente ricevuto dagli EAU Sovvenzioni Estere rilevanti ai sensi del FSR, incluse garanzie statali illimitate (tipologia di garanzia che rientra tra le Sovvenzioni Estere tra le più suscettibili di provocare distorsioni sul mercato interno, ai sensi dell’articolo 5 del FSR), prestiti e altri strumenti di finanziamento, e che tuttavia (ii) tali Sovvenzioni Estere non abbiano avuto effetti negativi sul procedimento competitivo di acquisizione di PPF Telecom da parte di e&, dal momento che quest’ultima era stata l’unica impresa ad aver avanzato offerte per l’acquisto di PPF Telecom, e possedeva comunque risorse sufficienti – al netto delle Sovvenzioni Estere ricevute – per procedere all’acquisizione di PPF Telecom al suo market value.

Al contempo, però, l’Istruttoria ha evidenziato come le Sovvenzioni Estere ricevute da e& ed EIA fossero in grado di determinare una distorsione della concorrenza nel mercato interno dell’UE, dal momento che esse ricomprendevano anche alcune delle Sovvenzioni Estere considerate più problematiche ai sensi dell’articolo 5 FSR, e che fossero in grado di migliorare artificialmente la capacità dell’entità risultante dall’acquisizione di finanziare le proprie attività.

Come anticipato, quindi, l’Operazione è stata autorizzata subordinatamente al rispetto di alcune condizioni, che troveranno applicazione per dieci anni (rinnovabili, dalla Commissione, per altri cinque anni; o anche oltre, nel caso di accordo tra e& e la Commissione):

  • in primo luogo, lo statuto di e& non ricomprenderà previsioni diverse da quelle valide, in via ordinaria, per tutte le imprese emiratine, ai sensi del diritto fallimentare degli EAU, che impongono di non tenere conto di eventuali garanzie illimitate statali concesse alle imprese;
  • in secondo luogo, viene impedito ad EIA ed e& di finanziare in alcun modo le attività di PPF Telecom nel mercato interno dell’UE, con limitate eccezioni (relative, segnatamente, alle attività esterne all’UE, nonché all’istituzione di un fondo di emergenza per PPF Telecom – eccezioni, queste, che dovranno comunque essere comunicate e vagliate dalla Commissione);
  • in terzo luogo, viene imposto che la totalità delle operazioni infragruppo tra EIA, e& e PPF Telecom avvenga a condizioni di mercato.
  • Infine, e& dovrà comunicare alla Commissione eventuali future acquisizioni che non risulterebbero notificabili ai sensi del FSR.

L’attuazione di tali condizioni sarà monitorata da un fiduciario, posto sotto l’egida della Commissione.

Il provvedimento oggetto del presente commento risulta di particolare interesse, in quanto offre spunti iniziali significativi in merito alla modalità con cui la Commissione intende esercitare i nuovi poteri conferiteli dal FSR, nonché sulla tipologia di impegni che le imprese possono sottoporre al fine di ottenere l’autorizzazione di operazioni M&A scrutinate.

Ignazio Pinzuti Ansolini

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Abusi e mercato dei processori – Il Tribunale dell’UE ha annullato, con riferimento alla sola quantificazione della sanzione, la decisione della Commissione che nel 2019 aveva sanzionato Qualcomm per un abuso di posizione dominante nel mercato dei chip per processori

Con la sentenza dello scorso 18 settembre 2024 (la Sentenza), il Tribunale dell’UE (il Tribunale) ha annullato, con riferimento alla sola quantificazione della sanzione, la decisione del 2019 (la Decisione) della Commissione europea (la Commissione) che aveva sanzionato Qualcomm (Qualcomm), società americana attiva nel settore delle tecnologie cellulari e wireless, per abuso di posizione dominante attraverso prezzi predatori nel mercato dei chip UMTS.

A seguito del ricorso avverso la decisione della Commissione, tramite il quale Qualcomm ha chiesto l'annullamento integrale della Decisione o in subordine la riduzione dell’importo dell’ammenda, il Tribunale si è pronunciato considerando il motivo concernente il calcolo della sanzione come l’unico parzialmente fondato. 

Nello specifico, la Commissione aveva determinato l’importo della sanzione facendo ricorso ai principi stabiliti negli Orientamenti per il calcolo delle ammende del 2006 (gli Orientamenti del 2006), ma per calcolare l’importo base dell’ammenda aveva sommato il valore delle vendite di chip UMTS effettuate da Qualcomm tra il secondo trimestre del 2009 e il primo trimestre del 2011, considerando quindi le vendite realizzate per tutta la durata dell’infrazione. Di conseguenza la Commissione si è discostata dal punto 24 degli orientamenti, che specifica che il valore delle vendite annuale debba essere moltiplicato per il numero di anni di partecipazione all’infrazione.

A tal riguardo, il Tribunale ha affermato che, qualora la Commissione adotti un criterio di calcolo della sanzione differente rispetto a quello previsto nei principi contenuti negli Orientamenti del 2006, è tenuta a specificare la motivazione legata al suo discostamento e a comunicarla contestualmente alla decisione impugnata.

Per quanto riguarda i restanti motivi di ricorso, il Tribunale ha respinto la censura di Qualcomm relativa alla definizione del mercato rilevante a causa della mancata applicazione del test dello “small but significant and non-transitory increase in price” (SNIPP) affermando che tale criterio non è l’unico metodo del quale la Commissione possa avvalersi per definire il mercato rilevante.

Di interesse è anche il rigetto degli argomenti relativi alla mancata applicazione del c.d. “as- efficient competitor test” (AEC test): il Tribunale ha chiarito che in un'indagine su possibili prezzi predatori, quando la Commissione confronta i prezzi praticati da un'impresa dominante con i suoi costi, sta già di fatto valutando il criterio oggetto della censura.

In conclusione, il Tribunale ha confermato la sanzione inflitta a Qualcomm dalla Commissione, ma ne ha rideterminato l’ammontare riducendola da 242 milioni di euro a 238,7 milioni di euro.

Margherita Zucchini

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Private enforcement e giurisdizione – Pubblicate le conclusioni dell’AG Kokott in relazione ad un’azione di risarcimento del danno avviata nello Stato Membro ove ha sede la società “madre” per un abuso di posizione dominante commesso dalla società “figlia”

Lo scorso 26 settembre l’Avvocato Generale Kokott (l’AG) ha presentato le proprie conclusioni in relazione ad un rinvio pregiudiziale sollevato dal Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (la CGUE), nel contesto di una azione di risarcimento del danno presentata dalla società Macedonian Thrace Brewery SA (MTB) contro le società Athenian Brewery SA (AB) e la sua capogruppo, Heineken NV (Heineken), avente ad oggetto questioni relative alla giurisdizione dei giudici olandesi.

La questione trae origine dalla domanda di risarcimento del danno presentato da MTB davanti ai giudici dei Paesi Bassi, dove ha sede Heineken, per le condotte tenute da AB in Grecia, paese dove ha sede quest’ultima e dove hanno avuto luogo le condotte di abuso dominante sanzionate nel 2014 dall’autorità greca garante della concorrenza. MTB ha promosso tale azione (diretta sia nei confronti di Heineken, sia di AB) nei Paesi Bassi, ai sensi dell’articolo 8, punto 1, del regolamento (UE) n. 1215/2012 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (il Regolamento Bruxelles I bis). Tale regolamento prevede una competenza  speciale secondo la quale un soggetto può essere convenuto, in caso di pluralità di convenuti, davanti all’autorità giurisdizionale del luogo in cui uno di essi è domiciliato “…sempre che tra le domande esista un collegamento così stretto da rendere opportuna una trattazione unica e una decisione unica…” (il Collegamento Stretto).

Il rinvio pregiudiziale in oggetto sostanzialmente pone la domanda se può un soggetto danneggiato da una violazione delle norme sulla concorrenza convenire la società che ha commesso detta violazione, congiuntamente alla sua società madre, presso la sede di quest’ultima in un altro Stato membro. Il giudice di rinvio si chiede inoltre quale incidenza abbia su tale principio la consolidata giurisprudenza della CGUE che ha riconosciuto una presunzione relativa secondo cui una società madre esercita un’influenza determinante sull’attività economica della società figlia quando essa detiene una partecipazione pari al 100% (o quasi) del capitale di quest’ultima (la Presunzione di Influenza determinante), così che l’infrazione commessa dalla società figlia può essere imputata alla società madre, salva prova contraria.

L’AG, in primis, rileva che la Presunzione di Influenza determinante deve applicarsi sia da parte della Commissione europea e delle autorità degli Stati membri (c.d. public enforcement), sia alle relative azioni di risarcimento del danno (c.d. private enforcement), con la possibilità per la società madre poi di confutare la Presunzione di Influenza determinante dimostrando, ad esempio, che essa non impartiva istruzioni, né partecipava, direttamente o indirettamente, all’adozione delle decisioni della società figlia quando si è verificata l’infrazione.

In relazione all’incidenza della Presunzione di Influenza determinante sull’applicazione dell’articolo 8, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis, l’AG afferma che lo scopo di tale previsione è promuovere una buona amministrazione della giustizia, ridurre e prevenire procedimenti e decisioni parallele. Tale articolo si applica ai casi ove si ha una stessa situazione di fatto e di diritto – ossia ove vi sia una condanna in solido di diverse imprese coinvolte in una unica violazione. Similmente, ove la violazione commessa dalla società figlia sia imputata anche alla madre in virtù della Presunzione di Influenza determinante, si ha una responsabilità basata sugli stessi fatti e sulla stessa situazione giuridica, e di conseguenza, vi sarebbe il rischio di decisioni incompatibili in caso di pronunce di giudici diversi.

Ulteriore punto dirimente nel caso di specie si ha in relazione alla questione se possa esistere un Collegamento Stretto anche quando la responsabilità congiunta della società madre e della società figlia in relazione all’infrazione non sia ancora stabilita. Secondo l’AG, la Presunzione di Influenza determinante rappresenta un serio indizio di un Collegamento Stretto, tale da essere sufficiente per applicare l’articolo 8, anche se la responsabilità non è ancora provata. Secondo l’AG una simile interpretazione non sarebbe affatto contraria al principio di prevedibilità del giudice competente. Quest’ultimo non sarebbe, al contrario, altrettanto prevedibile se fosse necessario dimostrare l’influenza determinante della società madre già nella fase della valutazione della competenza.

L’AG afferma che quanto richiesto dall’articolo 8, punto 1, del regolamento Bruxelles I bis non è infatti che la società madre abbia esercitato un’influenza determinante sulla società figlia, ma semplicemente uno stretto collegamento tra le domande: “… è solo nell’ambito dell’esame della fondatezza che per la responsabilità della società madre deve essere dimostrata l’influenza determinante di quest’ultima sull’attività economica della società figlia, cosicché unicamente in detto contesto vengono in considerazione la presunzione di controllo in quanto tale e l’inversione dell’onere della prova che essa comporta…”.

Infine, una tale interpretazione garantirebbe l’efficacia dell’articolo 8, punto 1, facilitando il risarcimento per il danneggiato. Il fatto che l’attore scelga di citare in giudizio una società in un foro più conveniente non costituisce un’elusione delle norme sulla competenza, a meno che l’azione contro il convenuto di riferimento sia manifestamente infondata o artificiosa.

Sulla base di quanto affermato, dunque l’AG suggerisce alla CGUE di rispondere alle domande sollevate affermando che la Presunzione di Controllo deve essere considerata un elemento sufficiente a stabilire il Collegamento Stretto richiesto dall’articolo 8, punto 1, per la competenza giurisdizionale, senza necessità di ulteriori prove già in fase preliminare.

Le conclusioni in commento risultano di particolare interesse in quanto forniscono una interpretazione che potrebbe avere un notevole impatto sulle strategie di domande di risarcimento del danno c.d. follow-on. Sarà interessante vedere se la CGUE si uniformerà all’impostazione suggerita dall’AG.

Fabio Bifarini

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Diritto della concorrenza – Italia / Cartelli e settore alimentare – Avviata un'istruttoria nei confronti di Amica Chips e di Pata per una presunta intesa anticoncorrenziale.

In data 17 settembre 2024, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avviato un’istruttoria nei confronti delle società Amica Chips S.p.A. (Amica Chips) e Pata S.p.A. (Pata) per accertare l’esistenza di una possibile violazione dell’articolo 101 TFUE.

Come noto, sia Amica Chips, sia Pata sono attive nella produzione e commercializzazione all’ingrosso di patatine fritte in busta (le c.d. chips), mercato nel quale le market share ascrivibili ad Amica Chips e Pata, sulla base del fatturato realizzato, sono state stimate rispettivamente nel 24% e 29%.

Il 1° marzo 2024 è pervenuta, tramite la piattaforma di whistleblowing, una segnalazione anonima avente ad oggetto la presunta esistenza di un cartello tra Amica Chips e Pata. La segnalazione e le informazioni raccolte hanno permesso all’AGCM di ipotizzare l’esistenza, quantomeno nel 2024, di un coordinamento delle strategie commerciali tra Amica Chips e Pata. Questo ipotetico coordinamento avrebbe avuto ad oggetto, in particolare, le proposte di prezzo da presentare agli acquirenti delle catene della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) per la vendita, a livello nazionale, delle referenze a marchio privato (o private label) di chips distribuite presso i punti vendita di queste ultime, con il fine ultimo di ripartirsi la clientela, mantenendo i prezzi ad un livello sovra-concorrenziale. Come noto, per prodotti private label si intendono quelli commercializzati con il marchio del distributore, anziché quello del produttore.

 Le chips vengono vendute attraverso diversi canali, per esempio attraverso bar e supermercati e catene della GDO. In particolare, queste distribuiscono, presso i propri punti vendita, sia prodotti a marchio, sia private label. I prodotti private label sono di norma un prodotto che si colloca in una fascia di prezzo medio-basso, offerto dalla GDO in alternativa a quelli recanti il brand dei produttori. Per tale motivo, secondo quanto indicato dall’AGCM, un’intesa volta a mantenere artificialmente più elevato il prezzo da praticare alla GDO per i prodotti private label sarebbe idonea altresì a ridurne la capacità concorrenziale nei confronti dei prodotti a marchio proprio e, quindi, a condizionare l’intero mercato all’ingrosso di chips, con un’inevitabile ricaduta sui prezzi praticati ai consumatori finali.

Tali condotte, ove confermate, rivelerebbero l’esistenza di un’intesa orizzontale illecita, sotto forma di accordo e/o pratica concordata. La chiusura del procedimento è, al momento, prevista per giugno 2026.

Mila Filomena Crispino

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Appalti, concessioni e regolazione / Appalti pubblici - Secondo l’opinione dell’Avvocato Generale è necessario indire una procedura competitiva se l’Amministrazione ha contribuito a creare la posizione di esclusività dell’operatore

Con la sua opinione del 26 settembre 2024 (l’Opinione), l’Avvocato Generale Sánchez-Bordona (AG) ha ritenuto che, nell’ottica dell’aggiudicazione di un appalto ad un operatore economico con caratteristiche uniche, l’amministrazione possa ricorrere alla procedura negoziata senza bando solo se essa non abbia contribuito a creare la posizione di esclusività di cui tale operatore gode.

Nel 1992, il Governo ceco aveva stipulato un contratto con IBM per la fornitura di sistemi informatici (primo contratto). Al tempo, la Repubblica Ceca non era ancora parte dell’Unione Europea (UE). Di conseguenza, l’aggiudicazione non era stata improntata ai criteri di libera concorrenza che oggi formano parte integrante dell’ordinamento comunitario.

Nel 2016, il Governo ceco ha ritenuto di dover aggiornare i propri sistemi informatici. Di fatto, l’amministrazione si è trovata vincolata all’infrastruttura fornita da IBM, che detiene i diritti di proprietà intellettuale sul software. Il Governo ceco ha dunque deciso di aggiudicare il contratto nuovamente ad IBM, sulla base di una procedura negoziata senza bando (secondo contratto), in quanto IBM sarebbe stato l’unico concorrente dotato dei requisiti essenziali.

L’ente ceco di vigilanza sulla regolarità degli appalti pubblici ha tuttavia impugnato l’aggiudicazione, ritenendola non in linea con la Direttiva 2004/18/CEE (Direttiva) – la norma europea applicabile all’epoca del secondo contratto. Nel corso del contenzioso scaturito da tale impugnazione il giudice ceco ha sollevato la questione pregiudiziale di fronte alla Corte di Giustizia dell’UE.

In tale contesto, l’AG ha risposto alla domanda sul se l’articolo 31, paragrafo 1, lettera b) della Direttiva debba essere interpretato nel senso che l’amministrazione non può, con le proprie azioni, creare una situazione di esclusività con la quale tenti di giustificare il ricorso a una procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando di gara.

L’AG ha in primo luogo smentito l’idea, avanzata dalle difese della Repubblica Ceca, che la situazione di esclusività possa derivare da azioni dell’amministrazione, fintanto che non ci sia da parte di quest’ultima l’intenzione di limitare la concorrenza. Ad avviso dell’AG, l’intenzione diretta di creare un’esclusività non rileva nel determinare se l’amministrazione possa valersi o meno della procedura non concorrenziale. L’elemento oggettivo di una limitazione della concorrenza da parte dell’amministrazione aggiudicatrice è infatti sufficiente a rendere la procedura negoziata senza bando inapplicabile.

L’AG ha inoltre escluso che l’amministrazione possa far valere difficoltà pratiche, amministrative o economiche. Che la nuova aggiudicazione in regime concorrenziale comporti dei costi per il Governo ceco è fuori discussione. Tuttavia, gli Stati Membri hanno l’obbligo di adottare misure adeguate al fine di rimuovere i concreti ostacoli alla piena attuazione del diritto europeo.

Alla luce di questi elementi, l’AG ha ritenuto che l’amministrazione aggiudicatrice, nel caso di assegnazione ad operatore economico in condizione di esclusività, possa far ricorso a procedura negoziata senza bando nel solo caso non abbia cagionato, con le proprie azioni, la situazione di esclusività stessa. La questione è d’interesse perché, se il principio è condivisibile e viene espresso anche nell’ambito del codice italiano dei contratti pubblici, è un dato di fatto che la sostituzione di prodotti o servizi ad alto contenuto tecnologico rappresenta per le amministrazioni un alto costo in termini di efficienza, efficacia e organizzazione.

Massimiliano Gelmi